- Domenica 16 Giugno, 2013
- CORRIERE FIORENTINO - FIRENZE
La Regione punta sulla raccolta differenziata. Ma così i 9 impianti previsti diventano troppi
di Marzio Fatucchi
di Marzio Fatucchi
In Toscana è scoppiata la guerra degli inceneritori. È una lotta sotterranea, fatta di timori, mezze battute, incontri riservati. In uno di questi, in Consiglio regionale, di fronte al nuovo piano dei rifiuti che la Regione sta elaborando, c'è chi è sbottato: «Salta tutto, salta tutto». Perché le previsioni di rifiuti da bruciare negli impianti fatte solo qualche mese fa nelle tre zone in cui è divisa la Toscana, i tre Ambiti ottimali (centro, sud e costa) sono molto maggiori di quelle del nuovo Piano dei rifiuti che la Regione vuole attuare. Insomma, troppi inceneritori previsti rispetto ai rifiuti che potrebbero essere bruciati.
E le Province potrebbero essere chiamate a riveder i loro piani, a decidere quali aprire e quali escludere.
Il dibattito sui rifiuti viene visto come contrapposizione tra «ambientalisti» e «industrialisti». Tra chi non vuole gli impianti di incenerimento e chi invece li vede come la soluzione del problema. Tra lo scontro politico e le campagne come quella «rifiuti zero», che teorizza la possibilità di farne a meno, resta un problema: qualunque scelta si prenda, i rifiuti sono una grana per l'ambiente, ma va risolta con un ciclo industriale, che si basa sui numeri. E, in Toscana, ora i numeri ballano.
La scelta «ufficiale» finora presentata dalla Regione era quella di arrivare a 60-20-20 entro il decennio. Cioè 60 per cento di raccolta differenziata [ndr. che strano questo dato visto che avremmo dovuto arrivare almeno al 65% già a dicembre 2012, la Toscana confermerebbe dunque di VOLER non rispettare le leggi!?], 20 di incenerimento, 20 in discarica.
Nelle scorse settimane sono cominciate a trapelare anche ipotesi più alte di differenziata, con livelli di incenerimento e discarica inferiori al 20 per cento, fino al 15. Non è utopico: alcuni territori europei riescono ad arrivarci e nelle sperimentazioni, anche in Toscana ci sono esempi (piccoli Comuni o zone limitate) in cui la raccolta differenziata si è spinta anche all'80 per cento. Non è nè facile nè veloce arrivarci. Ma l'obiettivo resta. E fa sballare i conti.
Se ne sono accorte le aziende dei rifiuti, se ne sono accorti i consiglieri regionali, e pure i sindaci [ndr. siamo sicuri che se ne siano accorti proprio tutti?]. La scelta del presidente toscano Enrico Rossi di puntare a questi alti livelli di differenziata non è solo un obiettivo di livello europeo: è anche un modo per dare una risposta ai movimenti che hanno lanciato l'opzione «rifiuti zero». È, prima di tutto, una scelta politica. Ma potrebbe cambiare la carte in tavola, con accordi già presi, piani di ambito approvati, finanziamenti già chiesti per gli impianti.
Se ne sono accorte le aziende dei rifiuti, se ne sono accorti i consiglieri regionali, e pure i sindaci [ndr. siamo sicuri che se ne siano accorti proprio tutti?]. La scelta del presidente toscano Enrico Rossi di puntare a questi alti livelli di differenziata non è solo un obiettivo di livello europeo: è anche un modo per dare una risposta ai movimenti che hanno lanciato l'opzione «rifiuti zero». È, prima di tutto, una scelta politica. Ma potrebbe cambiare la carte in tavola, con accordi già presi, piani di ambito approvati, finanziamenti già chiesti per gli impianti.
Se la produzione di rifiuti urbani (in calo non solo per la crisi) restasse quella attuale, cioè 2.400.000 tonnellate l'anno, e l'obiettivo di incenerimento fosse davvero quello minimo, il 15 per cento, agli impianti di termovalorizzazione ne arriverebbero 360 mila. Ma gli impianti previsti dagli attuali piani dei rifiuti dei tre Ato (costa, sud e centro) di tutta la Toscana arrivano a 830 mila: quasi due volte e mezzo in più del necessario. Quelli del solo Ato centro (Firenze, Prato e Pistoia) potrebbero bruciarne quasi 300 mila tonnellate l'anno. Firenze, ora l'impianto di Montale è chiuso, ne dovrebbe bruciare 80 mila.
Selvapiana, alla Rufina, dovrebbe riaprire ed ha già l'Aia e la Via (due autorizzazioni ambientali): ma è piccolo, da 60 mila tonnellate l'anno. Case Passerini (136 mila) deve ancora ottenere l'Aia. Ad Arezzo vogliono quasi raddoppiare quello di San Zeno (75 mila tonnellate l'anno), a Livorno quello di Picchianti dovrebbe passare da 60 a 120 mila tonnellate. Ce ne sono alcuni, come quello di Castelnuovo Garfagnana, che dovrebbero riaprire. Altri dovrebbero essere solo dedicati al Cdr (combustibile derivato da rifiuti). Ma 9 impianti in Toscana sono troppi, oltre ad essere in molti casi piccoli e quindi diseconomici: lo hanno capito tutti i diretti interessati che qualcuno dovrà farsi da parte. Mentre c'è chi ricorda che nel Nord Europa, ormai, si va a caccia di rifiuti da importare per bruciarli nei loro impianti, che non ricevono più «carburante» interno grazie all'aumento della raccolta differenziata. Così come, con un livello così alto di differenziata, viene da domandarsi dove sarà possibile riciclare il materiale, dato che non ci sono impianti (e a volte mercato) per tali quantità di carta, vetro, alluminio. Per il momento, a parte la lettera aperta del presidente del Cispel Alfredo De Girolamo, non ci sono dichiarazioni ufficiali. Anche il sindaco di Livorno Alessandro Cosimi si trincera dietro un «no comment». In attesa dei futuri incontri con la Regione.
Marzio Fatucchi
@marziofatucchi
NB. evidenziature, grassetto e sottolineature sono nostre
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Postato da Blogger su ASSOCIAZIONE VALDISIEVE il 6/18/2013 02:28:00 PM
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