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giovedì 20 febbraio 2014

LA PURGA DI RENZI IN REGIONE












CITTADINI AREA FIORENTINA
COMITATI DEI CITTADINI - FIRENZE

ROSSI, MONTANARI E LA PURGA
DI RENZI IN REGIONE


 

 


 

 

 

L’incarico affidato dal Quirinale a Renzi per la formazione di un nuovo Governo ha avuto conseguenze non solo a Firenze ma anche in Regione dove la maggioranza in Consiglio è ora a rischio.

Secondo logiche tutte interne al Partito Democratico, il vice sindaco e assessore del Comune di Firenze Stefania Saccardi viene dirottata in Regione per lasciare il posto a Dario Nardella futuro candidato Sindaco, mentre, in seguito al terremoto politico vengono ridefinite le deleghe in Giunta regionale. Entra l’economista Emmanuele Bobbio e tre assessori vengono licenziati con metodo brezneviano: Targetti (Vicepresidente con delega all’istruzione), Allocca (Welfare) e Scaletti (Cultura e turismo). Poi Rossi pasticcia e dopo aver individuato come nuovo assessore lo storico dell’arte Tomaso Montanari, è costretto a ripiegare velocemente per l’interdizione di Renzi, degli organi dirigenti del suo partito e persino della Federazione della Sinistra (appoggiata da SEL) come ritorsione per la perdita dell’assessore di riferimento Allocca.

La vicenda del “rimpasto” della Giunta regionale a cui stiamo assistendo in questi giorni è un esempio drammaticamente calzante dell’occupazione delle istituzioni da parte dei partiti.

 

La vicenda ci spinge a due riflessioni:

1. Questo “riordino” non è dovuto a dimissioni di assessori o a vicende legate al Consiglio e alla Giunta regionali, ma a manovre condotte da ‘nuovi’ dirigenti del PD che se ne infischiano del voto di quattro anni fa. L’episodio oltre ad inquietare per il modo avventuristico con cui  i rappresentanti di enti pubblici gestiscono le istituzioni a loro affidate, dimostra quanto sia forte l’ingerenza degli apparati di partito rispetto al mandato elettorale, anche nei confronti di un Presidente regionale scelto direttamente e largamente dai cittadini. Che Rossi non abbia potuto nominare Assessore alla Cultura la persona da lui prescelta è infatti un episodio gravissimo e inquietante.

 

2. Nella sua risposta alle precisazioni di Montanari, coinvolto mediaticamente suo malgrado, il portavoce del PD Nicola Danti, esponente politico di cui fino ad oggi ignoravamo l’esistenza, accusa lo storico di essere un radical – scic, denigratore del PD e del suo attuale segretario. A ciò Danti contrappone il faticoso lavoro nei circoli e la prassi democratica delle primarie. Ma noi abbiamo conosciuto Tomaso Montanari non in club elitari e lobbistici, ma in assemblee pubbliche, accanto a personaggi di primo piano della cultura italiana come Salvatore Settis, nelle quali ha spiegato con largo consenso il suo punto di vista di cittadino e di intellettuale impegnato democraticamente.

Lo abbiamo conosciuto in una grande manifestazione di popolo da lui organizzata il 5 maggio scorso a l’Aquila per porre il problema drammatico della salvezza e del recupero di uno dei centri storici più importanti del nostro paese, abbandonato alla rovina dopo il terremoto.

L’abbiamo conosciuto a Ravenna in occasione di una “lectio magistralis” sul significato della storia dell’arte e sull’importanza civile del patrimonio culturale del nostro paese alla quale hanno partecipato con passione centinaia di studenti.

In un paese normale dove ad amministrare non ci fossero i  “ vandali “   già descritti da Antonio Cederna nel 1956, il portavoce del partito di maggioranza che governa non dovrebbe insultare e tentare di delegittimare un prezioso esponente della cultura nazionale.

Dovrebbe chiedersi piuttosto quanta strada ha fatto quel partito PER confrontARSI con le istanze del corpo sociale, PER SUPERARE l’AUTOREFERENZIALITA’, PER ACCRESCERE L’INDIPENDENZA E L’autonomia degli ATTORI IN CAMPO

sembra davvero BEN poca a giudicare da QUESTA indecorosa VICENDA.

 

 

 

 



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