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mercoledì 31 gennaio 2018

Costi TAV

COMUNICATO STAMPA


Firenze, 1 febbraio 2018

TAV: costi fuori controllo, assicurazioni insufficienti

Il Comitato No Tunnel TAV di Firenze ha consultato il bilancio del 2016 di Nodavia.
Vi sono diversi aspetti interessanti nella “Relazione di Gestione”, uno è sicuramente quello dei costi che si stanno raggiungendo.
Alla pagina 39 del documento si legge che il corrispettivo per l’esecuzione dell’opera è passato da 718 milioni a 802 milioni con un aumento di 84 milioni.
Il valore contabilizzato delle opere eseguite (sia il lotto dello “scavalco” ormai in esercizio da diversi anni, sia i lavori eseguiti per la stazione e i cantieri di Campo Marte e Tre Pietre) alla fine del 2016 ammontava a € 251.760.107 con un aumento, rispetto all’anno precedente, di € 8.491.288.
Interessante la parte che quantifica le riserve, cioè i maggiori costi richiesti dal costruttore.
Nodavia ha ricalcolato le proprie richieste ed ha fatto ricorso al giudice per un importo di 131 milioni di euro dopo che RFI non ha accettato l’accordo bonario come era previsto nel contratto.
La somma contesa è relativa al periodo anteriore al settembre 2012.
Inquietante è l’affermazione che al 2014 le riserve ammontano a 399 milioni (comprensivi dei 131 portati in giudizio). Se teniamo conto che i motivi dell’aumento dei costi era dovuto allo smaltimento delle terre di scavo in discarica e al rallentamento dei cantieri, se ricordiamo che questa anomalia permane ancora, viene da chiedersi a quanto potranno ammontare le riserve all’inizio del 2018.
Se la progressione è rimasta costante anche dopo il 2014, l’aumento dei costi potrebbe arrivare a 600 milioni a fronte di un valore, per stazione e discenderie, di meno di 200 milioni (costo totale 251 mil – 80 mil scavalco). Se le nostre prudenti previsioni sono vere i costi si avvicinano ormai al miliardo di euro senza aver scavato un centimetro di galleria.
Il comitato ritiene che andare avanti in queste condizioni sia puramente folle, soprattutto nella prospettiva di ottenere solo una stazione di bus costruendo una invasiva infrastruttura ferroviaria!
Altro aspetto molto inquietante è quello relativo alle assicurazioni per i danni provocati dallo scavo delle gallerie. A pagina 50 si lamenta che le assicurazioni derivanti da “vizi e difetti di costruzione” potrebbero essere insufficienti. Ancora peggio alla pagina 51 si dice testualmente: “poiché la realizzazione dell’opera avviene in contesto urbano, va tenuto conto del rischio derivante dalla possibilità di arrecare danni a terzi che, in considerazione delle franchigie, potrebbero non essere completamente coperti dalla polizza all risks”.
Finalmente si legge nero su bianco ciò che il comitato teme da anni, cioè che lo scavo delle gallerie potrebbe provocare danni importanti al patrimonio edilizio e monumentale della città.
La cosa che ancora inquieta è la constatazione che la società che controlla Nodavia, Condotte SpA, è in pessime acque ed è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo presso il tribunale di Roma. Se si avranno danni agli edifici gli importi che superano quelli assicurati dovrebbero essere pagati dalla società Condotte, ma se questa non ha risorse nemmeno per pagare fornitori, subappaltanti e forse nemmeno i propri lavoratori, come saranno risarcite le famiglie che avranno danni ai loro appartamenti?
Nelle motivazioni del ricorso al concordato preventivo Condotte aveva espressamente detto che le proprie finanze sarebbero state salvate dagli introiti della realizzazione del Passante di Firenze… insomma siamo al classico gatto che si morde la coda.
Questa mattina il Comitato ha controllato sul sito del Ministero dell’Ambiente ed ha verificato che il “Piano di Utilizzo delle Terre” - necessario per iniziare lo scavo – non è ancora disponibile; il che significa che lo scavo delle gallerie, per il momento, non può iniziare.
Ancora una volta il comitato fa appello solo al buon senso: chiudiamo questa partita impossibile prima che il ridicolo non ci ricopra tutti.

Comitato No Tunnel TAV Firenze

lunedì 29 gennaio 2018

Campiglia: le cave di Monte Calvi, Monte Valerio e San Carlo devono ampliarsi o no?


Comitato x Campiglia

Via Parenti, 4
57021 Campiglia Marittima

www.comitatopercampiglia.it

info@comitatopercampiglia.it


Nel caso del Campigliese questo vuol dire che la Regione deciderà a breve se le attuali cave di Monte Calvi, Monte Valerio e San Carlo devono ampliarsi o meno, quanto potranno ancora scavare e cosa e in quanto tempo.

Il Comitato per Campiglia dalla lettura dei documenti predisposti dalla Regione è giunto alla conclusione che va denunciata l'ambiguità sulle attività estrattive là dove si parla di privilegiare il riuso dei materiali assimilabili agli inerti di cava.

Inoltre ritiene che i documenti preliminari del PRC non mettano in evidenza:

· che le attività estrattive della Val di Cornia risultano ormai una fonte di ricchezza e lavoro molto ridimensionate e/o addirittura un ostacolo per lo sviluppo di altre fonti di lavoro meno impattanti sul paesaggio.

· che occorre entrare nell'ottica di limitare, quantitativamente e qualitativamente, l'estrazione al calcare richiesto dalle industrie non del settore edilizio, senza dimenticare che esistono gli ingentissimi accumuli di calcare di scarto delle cave delle Apuane. (pag. 44 del Documento di avvio del procedimento)

· che occorre ridurre drasticamente l'estrazione ai fini di commercializzazione dei materiali per l'edilizia, mettendo in conto la presenza nella zona dei milioni di metri cubi di scorie riciclabili.

Per quanto riguarda poi il processo di informazione e di partecipazione, il Comitato per Campiglia:

· giudica negativamente la politica di informazione e partecipazione del Garante della Regione, vista la scarsissima diffusione e informazione sugli incontri predisposti nel novembre del 2017 e sulla scadenza del 19 gennaio 2018 per la presentazione di contributi da parte dei cittadini.

· censura il comportamento della Amministrazione di Campiglia Marittima che si è ben guardata di informare i cittadini su questo processo di formazione del PRC, fondamentale per il futuro del nostro territorio dal quale si cava un terzo (mc. 400.000 su mc. 1.300.000 annui) del calcare in pezzame destinato al settore costruzioni di tutta la Toscana (pag. 39 del documento di avvio del procedimento); percentuale che diventa ben più alta se si considera anche quanto cavato dalla Cava di San Carlo.

Il Comitato per Campiglia è giunto a queste conclusioni attraverso un approfondimento di quanto elaborato dalla Regione e che illustriamo più in dettaglio.

Ad oggi la Regione ha predisposto tre documenti approvati dalla Giunta regionale tra l'agosto e l'ottobre del 2016: Informativa preliminare, Avvio del procedimento e Documento preliminare sulla Valutazione Ambientale strategica il cui fine è rappresentato dalla necessità di garantire l'integrazione degli aspetti ambientali nelle scelte che riguardano tutti i piani e programmi dell'attività di pianificazione e programmazione e quindi anche il Piano Regionale Cave.

Per raccogliere dati, esigenze e suggerimenti, oltre a interpellare quasi quattrocento enti tra regioni confinanti, comuni, province, settori regionali, soprintendenze, enti parchi, unione dei comuni, ecc., il Garante regionale per l'informazione e partecipazione ha organizzato 3 incontri : l'8 Novembre 2017 con i rappresentanti delle categorie economiche ovvero ai soggetti portatori di interessi economici, il 15 Novembre con le Associazioni ambientaliste o comunque soggetti portatori di interessi ambientali e il 29 Novembre con tutti i cittadini, soggetti interessati e rappresentanti delle amministrazioni locali. Inoltre è stata data la scadenza del 19 gennaio 2018 per presentare contributi valutabili ai fini della redazione del PRC.

Il Comitato per Campiglia ha letto i tre documenti nell'ottica di capire quali potranno essere le ricadute sul territorio della Val di Cornia sotto due aspetti: la convenienza sociale ed economica della persistenza di cave di inerti, la volontà pubblica di potenziare l'utilizzo degli scarti di lavorazione delle acciaierie in quanto riciclabili.

In questa ottica è da sottolineare il fatto che nei documenti citati si parla dell'attività estrattiva come generatrice di lavoro e benessere della comunità (documento di avvio del procedimento pag. 14) ma mai si prende in considerazione i casi in cui la presenza delle attività estrattive hanno in gran parte perso questa funzione e pur tuttavia continuano, fino a diventare ostacolo alla crescita di altre attività generatrici di lavoro e benessere della comunità.

È il caso del turismo in Val di Cornia, in particolare quello culturale e in quanto tale attivabile per un lungo periodo dell'anno, che è incompatibile con il drammatico impatto paesaggistico determinato dalle attività estrattive. Sotto questo aspetto il caso del Parco Archeo-minerario di San Silvestro è emblematico visto che una struttura di importanza europea non potrà mai svilupparsi per colpa della presenza della cava di Monte Calvi il cui peso in termini di occupazione è sempre meno significativo considerando che negli ultimi quindici anni si sono sviluppati altri e più promettenti settori economici.

Il caso della Val di Cornia è anche emblematico di una visione parcellizzata del territorio da parte dell'Amministrazione Regionale che parte dal concetto ancora non superato, che le potenzialità di un territorio devono essere tutte sviluppate, senza considerare che possono essere incompatibili tra loro o che lo possono diventare nel tempo. Ad esempio in Val di Cornia l'attività mineraria ed estrattiva ha sicuramente rappresentato lo strumento prioritario di sopravvivenza delle comunità locali così come l'attività siderurgica a Piombino. C'è oggi da chiedersi però se quei modelli economici sono ancora da privilegiare o da ridimensionare se non addirittura da fare scomparire in certi casi, alla luce di un progetto di risorse economiche diverso da quello tradizionale che ha retto per tutto il '900.

Un altro aspetto sul quale i documenti del PRC mostrano di portarsi dietro un ritardo nella lettura del quadro economico regionale, è quello della individuazione dei materiali oggetto delle attività estrattive. Infatti anche la scheda 1 del documento già citato continua, conformemente alla legge 35/2015 a distinguere solo tra materiali per l'industria e costruzioni e materiali per usi ornamentali.

In realtà per meglio valutare l'estrazione effettivamente necessaria andrebbero distinti i materiali indirizzati alle industrie da quelle destinate all'edilizia. Per esempio in Val di Cornia per quanto riguarda la cava di Monte Calvi, fino alla fine del '900 era ammessa solo l'estrazione del calcare destinato alle acciaierie con il divieto di commercializzazione dei materiali residuali che dovevano essere lasciati in sito. Oggi che l'attività edilizia ha avuto tra il 2007 e il 2014 un crollo del 50% (documento di avvio del procedimento pag. 37), sarebbe consigliabile ritornare a criteri estrattivi del genere per utilizzare delle cave del Campigliese solo quel calcare cristallino puro che, ci dicono, è richiesto dalle industrie chimiche, vetrarie, ecc. e che per altro in grandissime quantità è accumulato nei ravaneti delle Alpi Apuane.

Queste osservazioni si riallacciano al secondo tema che in Val di Cornia risulta sottaciuto nei documenti preliminari del PRC: quello dell'uso dei materiali riciclabili e destinabili all'edilizia. In tutte le pagine si ripete come un mantra che bisogna privilegiare il riuso dei materiali assimilabili. A pag. 43 del documento citato si dice espressamente che “Per materiali riutilizzabili ed assimilabili si intendono quei residui e/o rifiuti derivanti da altre attività che sono suscettibili di riutilizzo e/o recupero, nonché i materiali riciclati derivanti dal recupero di rifiuti inerti, che per la loro possibilità di impiego possono essere assimilati ed utilizzati in sostituzione di quelli naturali.” Ne consegue che anche i rifiuti derivanti all'attività metallurgica (scorie di Pimbino) o minerarie (ad esempio fanghi rossi di Scarlino) in quanto riciclabili sono da considerarsi tra materiali assimilabili e riutilizzabili.

Per contro in tutte le altre pagine dei documenti ci si riferisce quasi esclusivamente ai residui delle attività edilizie di demolizione e costruzione. Questo evidentemente nel caso della Val di Cornia e non solo, elimina dal conto dei materiali a disposizione i milioni di metri cubi esistenti a Piombino e riutilizzabili con l'impianto di Rimateria. Questa “omissione” si riscontra anche del Documento preliminare della Valutazione ambientale strategica (VAS), infatti anche qui a pag. 34 tra i punti individuati nelle Strategie di Azione Ambientale per lo Sviluppo Sostenibile in Italia (CIPE 2-8-2002 n.57) il tema rifiuti non viene preso neppure in considerazione come influente sul PRC in quanto si parla solo di gestione integrata dei rifiuti riferendosi solo alla promozione della raccolta differenziata e alla valorizzazione energetica della frazione dei rifiuti non riciclabile.

Se a questo punto poi si prendono per buone le valutazioni dei documenti predisposti dalla regione scopriamo a pag. 72 del Documento di avvio del Procedimento che nel periodo 2014-2024 è previsto un incremento medio annuale nei settori dell'industria estrattiva e della lavorazione di minerali non metalliferi dell'1,1%. Questo vuol dire che le previsioni del PAERP di Livorno del 2014 in base al quale sono state dimensionate le Concessioni per le Cave di Monte Calvi, Monte Valerio e San Carlo sono del tutto campate in aria perché i fabbisogni sono stati fortemente sovrastimati e non si è preso in considerazione l'apporto che i materiali riciclati sono realmente in grado di dare.


Campiglia Marittima 29 gennaio 2018

Comitato per Campiglia

Arch. Alberto Primi

Ruspe risanatrici e danni collaterali


CITTADINI AREA FIORENTINA
RUSPE RISANTRICI E DANNI COLLATERALI
La questione dell'amianto nelle scuole è una questione seria. Lo è anche a Firenze dove gli edifici a rischio sarebbero ancora molti. Attualmente le strutture ancora critiche sono la media Don Milani (via Aretina) e l'ITI Leonardo da Vinci dove l'abbattimento dell'edificio del biennio, avvenuto nell'estate scorsa, non avrebbe risolto del tutto il problema, stando a quanto dice l'ONA (Osservatorio Nazionale Amianto).
Matteo Renzi agli inizi del suo mandato di Sindaco aveva fatto della messa in sicurezza delle scuole cittadine un suo fiore all'occhiello. Così parlava della demolizione della scuola di S. Maria a Coverciano:   "ho già preso accordi per poter essere io stesso a  manovrare il mezzo che demolirà la struttura di Campo di Marte" . Questo stile prosegue con la coppia Nardella-Giachi (nella foto la vice sindaca con delega all' Educazione mentre scende da una ruspa).

In questo contesto si inquadra la vicenda della scuola Dino Compagni di via Centostelle e dell'abbattimento degli alberi del giardino. Per la sua ricostruzione nel 2014 si approva un progetto definitivo per 600 alunni, un nuovo spazio educativo con centro civico a disposizione del quartiere seguendo i criteri più avanzati della bioedilizia e del risparmio energetico. Dopo un tentativo fallito di realizzare l'opera con un project financing il Comune accende un mutuo per far fronte ad un investimento che alla fine sarà di 12 milioni di euro.
In seguito alla maggiorazione dei costi però, si deve rifare il progetto definitivo e nel 2015 si avvia la procedura per affidarlo in appalto. A quel punto un partecipante alla gara ricorre contro il vincitore, la ditta Russo di Salerno, e tutto si blocca fino all'estate 2017; quando ripartono i lavori di bonifica e di scavo, cominciano a venir giù alberi di alto fusto e si mobilitano genitori e cittadini del quartiere.
 Confrontando lo stato precedente dell'area con il progetto in esecuzione si può vedere la maggiore estensione del complesso (2.500 mq. in più), l'impianto articolato, la prevista piantagione di alberi da frutto ed ornamentali e le perdite (ancora non concluse) del patrimonio verde e paesaggistico preesistente che alla fine potrebbero ammontare ad una trentina di piante di alto fusto.
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La scuola Dino Compagni nel suo stato precedente 
e secondo il nuovo progetto -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
In tutto questo tempo i cittadini e i genitori non hanno mai potuto vedere il progetto definitivo ma solo il preliminare 2015. Nella Commissione consiliare del 9 gennaio, tenutasi a Palazzo Vecchio con la presenza di uno dei progettisti del Comune l'ing. Mazzoni, una delegazione di cittadini ha potuto dare soltanto una sbirciatina ad una versione non ultimativa del progetto esecutivo.
Richieste di sollecito, inviate all'Amministrazione da parte di Italia Nostra e del Coordinamento Tutela degli Alberi (CCTA) per un incontro chiarificatore non hanno avuto esito.
 Nel frattempo gli alberi di alto fusto continuano a venire giù. Dopo un cedro (il cui abbattimento non era previsto), sono venuti giù altri due platani. Il Comitato di Campo di Marte, aderente al CCTA, ha individuato 14 piante di alto fusto da salvare, 12 pini domestici nell'angolo ad ovest tra via Sirtori e via Centostelle e 2 platani adiacenti al futuro ingresso carrabile di via Centostelle.
 Il caso delle alberature della Dino Compagni però non è un caso isolato. Ecco infatti cosa è successo dove il risanamento e la ricostruzione sono state attuate, come nel caso della sunnominata primaria di S. Maria a Coverciano. Nell'arco di una decina d'anni il patrimonio verde dell'area circostante si è ridotto e impoverito, come si può vedere facilmente nella serie storica sottostante.

L'area Salvi Cristiani nel 2007
L'area Salvi Cristiani nel 2012


L'area Salvi Cristiani nel 2017
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In luogo delle alberature abbattute, sono spuntate nuove volumetrie. In proposito ricordiamo che in base al Piano Strutturale vigente le cubature destinate ad attrezzature pubbliche, ai fini del calcolo volumetrico, non vengono considerate. L'Amministrazione può così rappresentarsi non solo a zero impatto ambientale e ad alta efficienza energetica, ma anche a volumi zero. Salvo qualche danno collaterale.

I CITTADINI DI CAMPO DI MARTE NEL FRATTEMPO HANNO ANNUNCIATO INIZIATIVE DI SENSIBILIZZAZIONE NEL QUARTIERE E DI PRESSIONE SULL'AMMINISTRAZIONE PER IMPEDIRE UNO SCAMBIO INACCETTABILE: QUELLO TRA RIQUALIFICAZIONE E RISANAMENTO DELL'EDILIZIA SCOLASTICA DA UN LATO, E DISTRUZIONE DI QUOTE DI VERDE E DI PAESAGGIO PROTETTO DALL'ALTRO



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un presidio per la tutela del verde

CITTADINI AREA FIORENTINA
UN PRESIDIO PER LA TUTELA DEL VERDE DEL CAMPO DI MARTE
 Lo stato precedente dell'area esterna alla 'Dino Compagni'.
In evidenza le alberature oggi in discussione


Il Comitato di Campo di Marte, il Coordinamento cittadino per la tutela degli alberi (C.C.T.A.) e Italia Nostra hanno indetto un presidio davanti alla scuola per sabato 3 febbraio. In calce il volantino di convocazione.
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In riferimento al notiziario precedente Ruspe risanatrici e danni collaterali alcuni genitori, protagonisti della vicenda della Dino Compagni, precisano che, rispetto al ritardo di sei mesi prodotto dal ricorso amministrativo di una ditta concorrente, la politica dell'Amministrazione fece perdere molto più tempo, di fatto un anno e mezzo. Tale ritardo fu sostanzialmente provocato dalla mancanza di copertura finanziaria e dal tentativo di Renzi, poi fallito, di procedere con un project financing.
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sabato 20 gennaio 2018

Doppio ponte di Vallina: praticamente un viadotto

TRE  SINDACI: due NIMBY e uno PIMBY

Nei giorni scorsi abbiamo appreso della trasferta dei tre Sindaci di Bagno a Ripoli, Fiesole e Pontassieve a Roma, per incontrare il Sottosegretario Nencini sui finanziamenti concessi per le opere toscane. In merito alle loro trionfalistiche dichiarazioni, per l’“opera strategica” del bypass di Vallina, prefigurano già l’ottenimento della VIA e le date di inizio lavori. Verrebbe da dire che forse fanno i conti senza l’oste!
Innanzitutto, va chiarito che si tratta di un viadotto di 1240 metri, costituito da due ponti sopraelevati a 12 metri, che taglierà la vallata incontaminata dell’Arno a Quintole, con tre rotatorie divoratrici di terreno agricolo e con un impatto devastante sulla bellezza di quei luoghi.
Ma è la loro euforica soddisfazione che ci lascia ancor più perplessi. Le posizioni dei Sindaci di Pontassieve e di Fiesole sono espressione di un vero atteggiamento “NIMBY” (Not In My Back Yard): infatti, appoggiano il progetto esplicitamente per ridurre il traffico automobilistico nelle frazioni di Sieci (Pontassieve) e Compiobbi (Fiesole), scaricandolo sull’attuale provinciale di Rosano. E, dato che le due strade hanno un’intensità pari di auto che le percorrono, si creerebbe la congestione nell’imbuto Candeli – Viale Europa, come abbiamo potuto vedere l’estate scorsa con la chiusura per lavori della SS 67.
Il Sindaco di Bagno a Ripoli, da parte sua, si comporta da “PIMBY” (Please In My Back Yard), citando i vantaggi per la frazione di Vallina, non rendendosi conto delle conseguenze nefaste che un viadotto nella valle dell'Arno e l'incremento di traffico automobilistico avranno sull'identità del territorio, un tempo definito “il giardino più delizioso…”, compromettendone anche lo sviluppo economico (agricolo e turistico).
Tutti e tre, certo, non si curano del costo assurdo (58 milioni e mezzo di euro, costo previsto, se non ci saranno aumenti in corso d’opera, e di cui circa la metà figurano come compensazione per Bagno a Ripoli per l’ampliamento a tre corsie della autostrada A1) in quanto il loro atteggiamento è il solito: se non li usiamo per quest’opera non saranno utilizzati per altre opere del territorio (si dimenticano, però, del recente “spostamento” del finanziamento per la variante di Ellera nella messa in sicurezza dell’attuale tracciato).
E nessuno dei tre prova ad andare contro questa logica perversa di spendere il denaro pubblico per opere inutili e dannose, anziché allearsi e chiedere, con la stessa insistenza messa finora, al loro mentore Nencini, di andare a fare una passeggiata di quattro minuti a Roma, fino alla vicina sede di Ferrovie dello Stato Italiane: lo scopo sarebbe quello di presentare all’ing. Mazzoncini, quale AD di FSI e ora anche di ANAS, la situazione drammatica della mancanza di un Piano della Mobilità e quindi della carenza del TPL nella Città Metropolitana di Firenze. Potrebbe essere l’occasione per chiedergli di soprassedere sia al progetto dei Ponti di Vallina sia a quello per bypassare l’abitato di Rufina (tratto di circa 3,5 km, che è stato scorporato dall’intero progetto Stentatoio-Dicomano, probabilmente con l’intento di “facilitare” la VIA).
Tutte quelle risorse (più di 58 milioni per Vallina, 75 per Rufina) potrebbero, infatti, essere dirottate sulla riqualificazione della Rete Ferroviaria del Mugello e della Valdisieve, accorpandole (con l’avallo sempre di Nencini) ai 47 milioni già stanziati per lavori a stazioni e ai passaggi a livello del Mugello e della Val di Sieve. Vorremmo ricordare che almeno 31, dei 47 milioni, erano quelli promessi 20 anni fa e destinati al Mugello per le compensazioni e i danni subiti dai lavori dell’AV. Quello che realmente serve alla popolazione è l’elettrificazione dell’anello ferroviario già esistente, per fornire servizi efficienti e a costi contenuti con l’intento di “ridurre” il traffico su gomma.
In più, i Sindaci, volutamente e colpevolmente, non dicono che questo progetto non piace alla Soprintendenza, ad Arpat e ad altri Enti, per le lacune progettuali, l’incompatibilità paesaggistica e gli impatti ambientali dell’intervento.
Non sono, perciò, i Comitati o le Associazioni ad avere la sindrome NIMBY, perché fanno di tutto per portare l’attenzione su soluzioni alternative, di minore impatto ambientale e costi, a vantaggio di un TPL funzionale, efficiente e con costi abbordabili.
Queste opere, invece, di utile non hanno nulla. Forse servono per prendere i voti in campagna elettorale o sono solo favori clientelari, ma non hanno certamente come loro obiettivo il Bene Comune.


Associazione Valdisieve - Associazione Vivere in Valdisieve - Italia Nostra - Lista civica “Per una Cittadinanza Attiva  Bagno a Ripoli” - Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio

Il Contratto di Fiume, un movimento in crescita che coinvolge più di 2500 municipi


Viva il Contratto di Fiume, movimento in crescita esplosiva!
Verso l'XI° Tavolo Nazionale dei CdF
Oggi nel nostro Paese abbiamo circa 270 processi di CdF attivi, distribuiti in tutte le Regioni italiane: si stima che tra i 2500 ed 2700 Municipi Italiani si siano messi dalla parte dei Contratti di Fiume.
Viva il Contratto di Fiume, movimento in crescita esplosiva!


Si trasmette in allegato, a nome del Tavolo Nazionale Contratti di Fiume la lettera, a firma del Coordinatore Nazionale Massimo Bastiani, di invito all'XI Tavolo Nazionale dei Contratti di fiume e 1° Conferenza dell'Osservatorio Nazionale dei Contratti di fiume del 5 febbraio e il programma della giornata del 6 febbraio dedicata al Premio Nazionale 2018 curato da Alta Scuola.
La partecipazione è gratuita, ma per la giornata del 5 febbraio che si svolgerà presso la Camera dei deputati - Aula dei gruppi parlamentari, Via di Campo Marzio 74, Roma è obbligatoria l'iscrizione che è possibile ottenere contattando precedentemente l'organizzatore Sogesid per avere l'invito https://www.eventbrite.it/e/biglietti-evento-osservatorio-nazionale-sui-contratti-di-fiume-40835761863
Per la partecipazione alla giornata del 6 febbraio, che si svolgerà presso Sala Auditorium del Ministero dell'Ambiente Via Colombo Cristoforo 44, Roma, si invita a comunicare, per motivi logistico organizzativi la propria partecipazione a questo stesso indirizzo mail segreteria@altascuola.org
Per i Contratti di fiume che vorranno esporre un Poster illustrativo del proprio lavoro sarà possibile stamparlo a cura del proponente in formato A0 verticale (bianco/nero o colore)ed esporlo il 5 febbraio solo se munito di supporto autonomo ed il 6 febbraio presso gli spazi dedicati al Ministero dell'Ambiente. La comunicazione di presentazione del Poster dovrà essere in ogni caso fatta entro il 31 gennaio ad Alta Scuola segreteria@altascuola.org
Per la diffusione sui social media dell'evento:
Twitter: #XITavoloCdF
Instagram: #XITavoloCdF
Facebook: Altascuola
Distinti saluti
Segreteria ALTA SCUOLA – XI Tavolo Nazionale dei Contratti di fiume

Visita il sito www.contrattodifiume.it

La battaglia di Nantes contro l'Aeroporto



Ecco un'analisi della battaglia contro il nuovo aeroporto di Nantes a Notre Dame des Landes, vinta definitivamente in questi giorni. L'analisi e' di John Stewart, Green Activist of the Year 2007 (The Independent on Sunday), esperto di battaglie contro aeroporti. Ci sono ottimi spunti per noi e specialmente per chi lotta contro le grandi opere inutili e imposte. Buona lettura!







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HACAN Clearskies BLOG

How the campaign to stop a new Nantes Airport became one of the most successful in history
Posted on January 19, 2018
Outside London where I live, Brussels where I sometimes lobby – and maybe Brighton where I escape to for a day out – there is no place I've been to more often over the last decade than Nantes in West France.
Earlier this week the Macron Government announced that it was dropping plans for a new airport about 15 miles outside Nantes close to the village of Notre-Dames-des-Landes.  The scale of what local campaigners have achieved cannot be overstated.
Whether you or not support you support their cause, the way the Nantes community built up their campaign has lessons for campaigners, whatever their issue, everywhere.
I first became aware of the airport proposal when five French farmers joined our 'No Third Runway' rally in London in 2008.  That summer I went to Nantes for the first time.  I found a pretty small campaign uncertain how to proceed.  And in particular unsure how to get the voice of farmers and villagers from an unfashionable part of France heard on the national stage.
Theirs is the remarkable story of turning a small, rural campaign into one of the biggest environmental movements in Europe.
They took some early inspiration from the successful campaign in London to stop a third runway.  An account of that campaign which I        had put together was translated into French.
Their campaign, going back decades, was rooted in the radical French 'peasant farmers' movement.  The farmers were joined by local people fearful of the way the new airport would blight their lives and by climate campaigners.
They adopted strategies used in the Heathrow campaign: building a broad coalition; organizing pro-active, high-profile stunts and demonstrations; challenging the economic justification for the airport.  They commissioned their own independent study from the Dutch consultants CE Delft – the same people we had used at Heathrow – which questioned the economic case for the airport.  They used the courts.
They were joined by direct action activists who set up home in Le Zad on part of the land that would be required for the new airport.
The campaigners made links across France and established support "committees" in 200 towns in Belgium and France.  These support groups did demonstrations in their own areas in support of the Nantes campaigners.  And each July up 40,000 people would descend upon this tranquil part of rural France to show their solidarity during the annual protest weekend.  It was an awesome experience addressing crowds of this size on the occasions I was asked to speak.
Interestingly, though, the Nantes campaigners had little support from campaign groups around other French airports.  A number of these groups backed the building of the airport.  They felt a new 2-runway airport outside Nantes would eliminate the noise experienced by Nantes residents from the existing one runway airport (which would have closed).  But it was also believed that a new international airport in the West of France would relieve pressure on Charles de Gaulle and Orly airports in Paris where residents were suffering badly from an ever-increasing number of flights.
The regional government based in Nantes and the national Government in Paris had for decades strongly backed a new Nantes Airport.  The exact reasons why they were so determined to build it were never clear.  The existing airport was far from full.  But the economic regeneration and extra jobs that the new airport might have brought to the area attracted support from many local politicians.  The argument that France needed another airport to take the burden off Paris had some support at a national level.  But many of the airport's opponents felt that the new airport was little more than a prestige project for local politicians.  Certainly there was nothing like the pressure of demand that there is in somewhere like SE England today.
The campaign always had radical roots because it came our of the French 'peasant' movement.  But, even so, in the early days there were tensions between the local people and Le Zad activists.
That changed – in fact a huge amount changed – during the winter of 2012/13 when  there were tear-gas battles in the woods as police fought to remove hundreds of the activitists who had set up make-shift homes in support of the local community.  The courage of Le Zad protestors as they resisted the police in the bitter winter cold and driving rain both cemented their support in the local community and highlighted their struggle more widely.
Earlier in 2012, during the presidential election, four local farmers staged a 28 day hunger strike against the plan to evict them from their properties.  A number of the presidential hopefuls came to visit these men, some of them quite elderly.  These images of ordinary people defending the land their families had farmed for generations caught the imagination of France and beyond.
A key feature of the campaign was spectacular stunts and demonstrations, often headed up by the convoy of tractors.  Hundreds of people riding bicycles and on tractors spent a weekend on the road as they headed for a huge rally in Paris.  I spotted them easily when I joined them.  Their animals were heading their march through the elegant boulevards of the French capital!
In early 2014 up to 60,000 people took part in a demonstration in Nantes.  While pre-dominantly peaceful It ended in violence with parts of the city set ablaze as a small number of activists fought running battles with the police.  This exacerbated the tension between many of the local people and the activitists.
By 2017 many of those tensions had been resolved.  The Hollande Government had held a regional referendum where, by a small majority, the area voted to back the new runway.  Once more it looked as if the campaigners had lost the battle.  But the French Government was fearful what would happen if they went in to try to clear the land.  They knew that tens of thousands of people would descent on it from all over Europe.  As one regional councillor put it: "Quite simply, if they try to build the airport, there will be uprisings across France.  The reaction to both the hunger strike and the resistance in the woods means it will be very hard for the authorities to go-ahead with the airport."
Macron, a much more astute figure than Hollande, bowed to the inevitable and dropped the project.  The campaigners had given him a way out by making the case that more growth at the existing Nantes Airport would cater satisfactorily for the projected demand in the region and should be pursued instead of the new airport.
Macron had set up a small team to look at the arguments for both airports.  They didn't really come to a firm conclusion but provided a useful device for Macron to drop the new runway but still save face.
The campaigners had secured a famous victory.
As I see it the key ingredients were:
  • They were strongly motivated
  • They understood they had to make this a national issue
  • They made a well-researched economic case against the new runway
  • They staged high-profile, visually exciting, dramatic and daring events
  • They built up a nation-wide – and ultimately Europe-wide – coalition of support
  • They understood the value of local communities linking up with direct action activists
  • They kept on going over many years
  • They gave the Government an alternative option.
I am certain that a number of the residents impacted by the existing airport will not be at all happy with the decision.  Equally, there will unhappiness amongst many heavily overflown by the Paris airports.  There are real issues to be explored there – maybe subject for another blog.  This blog was simply to highlight the factors which made the fight against the Notre-Dames-des-Landes Airport one of the most impressive campaigns there has ever been.

mercoledì 17 gennaio 2018

si fa presto a dire tramvia

CITTADINI AREA FIORENTINA
SI FA PRESTO A DIRE TRAMVIA
Via dello Statuto oggi
Stando a quanto afferma il Sindaco, intervistato da Repubblica a inizio d'anno, a decidere sul proseguimento delle linee tranviarie saranno i residenti e le associazioni di categoria .
"Da qui a due mesi dobbiamo decidere se proseguire sui viali fino a piazza Ferrucci, per Bagno a Ripoli, col tram o il jumbo-bus, o andare a Campo di Marte".
Peccato che nel frattempo si siano fatte 3 linee tranviarie, determinando per sempre la sorte di interi settori della città e mettendo i cittadini di fronte al fatto compiuto. Anzi, nel caso della Linea 3, si è proceduto contro la loro volontà espressa in un referendum (non un sondaggio) nel quale i fiorentini si erano dichiarati contrari, non solo al passaggio della Linea 2 dal Duomo, ma anche al progetto della Linea 3.
Oggi la Linea 3:
  • corre in gran parte a distanza inferiore ai 200 m da una ferrovia che sarebbe facilmente utilizzabile per raggiungere il centro
  • spacca in due l'importante quartiere Statuto-Vittoria, danneggiando le attività commerciali e peggiorando il paesaggio urbano e vegetale
  • deturpa un settore del Centro storico addossandosi alla Fortezza, distruggendo la piazza antistante, amputando il Giardino di Villa Vittoria e giungendo a pochi metri dall'abside di S. M. Novella
E' inutile insistere sulla modestia del progetto, l'invadenza e l'irreversibilità di un'opera a cui si aggiungeranno alla fine le palificate, la rete aerea e il traffico dei convogli. Considerazioni simili si potrebbero fare per la Linea 2.
Forse per questo e in vista di elezioni e di futuri cantieri, l'Amministrazione tasta il polso alla città pensando a soluzioni più leggere di questa metrotranvia, i cui costi coincidono ormai con quelli di una metropolitana, senza averne le prestazioni.

Con quest'opera non si sono soltanto demolite pietre e abbattuti alberi; si è distrutta la rete del trasporto pubblico su gomma senza niente in cambio. Rinunciando a rinnovare il sistema della mobilità, soprattutto in occasione della pedonalizzazione del Duomo, vi si sono sovrapposte le tramvie, seguendo la logica del project financing, appropriandosi di due ricche tratte di bus e abbandonando il centro, sempre più svuotato di residenti e servizi.
Preso atto di ciò non possiamo tuttavia sottrarci dall'indicare rimedi, proposte e obbiettivi rivolti non certo agli autori di un simile sconquasso, ma a quei cittadini e a quei membri di organi elettivi consapevoli (e allarmati) per quanto accade. Dotare la città di un Piano della mobilità, dei trasporti e delle infrastrutture stabile, verificato e aggiornato è, ancorché tardivo, essenziale perché Firenze possa lasciarsi alle spalle il '900.
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Per realizzare il progetto si sono atterrati muri, strade e centinaia di alberi, alterando i Viali di circonvallazione, ridotti a 'tangenziale del Centro storico', e isolando ulteriormente la Fortezza.
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Lungo l'asse Statuto, Viesseux già si incolonnano i veicoli

Gli arredi e gli impianti sono formalmente modesti e inadatti
al contesto storico

Permarrà, attorno al nodo Stazione/Fortezza, la concentrazione di funzioni e attività, visto che Ferrovie non ha intenzione di spostare l'AV da S.M.N. con un centro commerciale di oltre 30 negozi e un parcheggio auto da 900 posti
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Ecco in proposito alcune misure di immediata correzione di rotta da attuare:
desistere dal proseguire con la Linea 2 fino a piazza della Libertà/S. Marco. Si prevedano invece infrastrutture più leggere orientandosi su logiche più evolute quali la mobilità condivisa, la fluidificazione del traffico, la guida automatica per garantire l'accessibilità in tutta l'area urbana
completare e incrementare la rete di piste ciclabili, separate dalla mobilità pedonale, per rispondere alla crescente domanda (bike sharing e cicloturismo), disciplinando la gestione e potenziando le infrastrutture, tra cui parcheggi bici e una nuova passerella pedonale e ciclabile nel tratto centrale dell'Arno
riconsiderare l'attuale ZTL giungendo a vietare l'accesso a tutti i veicoli a combustione, compresi furgoni e ciclomotori, riservando i viali di circonvallazione alla sola circolazione locale
realizzare, nel frattempo, capienti parcheggi auto gratuiti o a basso costo presso le aree ferroviarie di Campo di Marte e in zona Belfiore/Fortezza, dove concentrare gli scambi intermodali
favorire gli spostamenti a piedi, assicurando percorsi protetti, diretti e indipendenti dalle bici. Percorsi per anziani e bambini, idonei e vigilati, soprattutto negli attraversamenti, assicureranno le relazioni con scuole, parchi, giardini pubblici e aree monumentali
utilizzare la rete ferroviaria per istituire un vero Servizio metropolitano connesso con la rete ciclabile, con adeguati parcheggi scambiatori e con la rete del trasporto pubblico urbano
nell'area metropolitana:
installare nuove centrali di misurazione delle emissioni da traffico, trattando dati singolari (non solo medie) aggiornando costantemente le mappe dell'inquinamento
trattare i dati sulla sicurezza stradale aggiornando costantemente le mappe di incidentalità e pericolosità.
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