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martedì 5 aprile 2011

Il Comitato contro l’ampliamento dell’aeroporto di Ampugnano invita a riflettere

Il Comitato contro l’ampliamento dell’aeroporto di Ampugnano invita a riflettere   

L’ antefatto
La storia parte nel 2007, quando si costituisce il Comitato contro l’ampliamento dell’aeroporto di Ampugnano (l’aeroporto di Siena, situato nel Comune di Sovicille). I cittadini in massa si sono allora ribellati, di fronte alla prospettiva di uno scalo di 2 milioni di passeggeri l’anno entro il 2020. Particolare non secondario è il fatto che la proposta venne sostenuta all’epoca dai soci pubblici della Società aeroporto. 
Da quel momento in poi  la strada seguita dal Comitato è quella già percorsa da una nuova generazione di Comitati: un insieme di lavoro e creatività, che porta alla formazione di esperti non professionisti, interlocutori validi  delle Istituzioni e  portatori di interesse dei cittadini.
Ma negli avvenimenti che si susseguono si rintraccia un “filo conduttore coerente”: un susseguirsi di distorsioni delle regole e delle procedure da parte della Società aeroporto, a cui si contrappone la determinazione del Comitato nel portarle allo scoperto e segnalarle a chi di dovere.

Nella prima parte della vicenda, due sono le tappe da ricordare.
La prima: nel 2009, anche a seguito delle segnalazioni del Comitato, arrivano in successione i pareri negativi (“allo stato delle cose”, si dice, cioè salvo dimostrazione contraria) di ENAC, Ministero dell’Economia e Ministero dei Trasporti,  per irregolarità nel  processo di privatizzazione e  nell’accordo tra soci. 
La prova più rilevante è con ogni probabilità un contratto, scovato dal Comitato,  per “facilitare” l’ingresso nella società  del socio privato  Galaxy Fund (di proprietà tra gli altri della Cassa Deposito e Prestiti), sottoscritto 5 mesi prima della pubblicazione del bando di gara, che ha poi portato all’ingresso di  Galaxy nel 2008, con il 56,38 % delle quote. L’ evidenza, a parere del Comitato, è che si sia trattato di una aggiudicazione pilotata.
Il parere positivo del Ministero non è cosa da poco per la Società. Infatti l’accordo tra soci della SPA, sottoscritto nell’aprile del 2008, è condizionato al parere positivo del Ministero dei trasporti,  entro il 31 Dicembre 2010. Ma evidentemente il Presidente e il Consiglio della Società non si sono preoccupano più che tanto e sono andati avanti per la loro strada, facendo entrare Galaxy a tutti gli effetti nella Società nel maggio 2008, nonostante fosse già in corso l’indagine del Ministero (che ha poi portato all’espressione del parere negativo).    

La seconda: contemporaneamente si formalizza  un’inchiesta della Procura – in seguito ad un esposto del Comitato - per concorso in turbativa d’asta e falso in atto pubblico, che porta a 16 avvisi di garanzia, compreso quello al Presidente del Monte dei Paschi di Siena (socio privato della Società), e al sequestro delle azioni di Galaxy fund, con il conseguente congelamento del quadro societario.  Un  sequestro la cui sostanza – è bene ricordarlo – è quella della tutela dei soci pubblici, considerati come parte offesa.

Il Comitato ha vinto, almeno così sembra,  e di questo ci rallegriamo tutti in occasione dell’assemblea della Rete  dei Comitati AAR, nell’estate del 2010.  Ma non è questo il punto. Quello che è accaduto avrebbe dovuto indurre ad una riflessione sul modus operandi della Società e sulla opportunità delle scelte, ma ancor più sul ruolo dei soci pubblici all’interno della Società. Ci si aspetterebbe infatti che al di là della entità delle quote detenute, questi ultimi esercitino un  ruolo sia propositivo che di controllo – e non solo formale – sulle decisioni prese e sul modo di procedere. Ciò che è accaduto da quel momento in poi dimostra purtroppo esattamente il contrario.
 
Gli sviluppi recenti
Gli avvocati di Galaxy (ma l’interesse è anche della Società aeroporto) si mettono al lavoro e nel dicembre 2010 la Procura della Repubblica accetta la richiesta di dissequestro delle azioni di Galaxy, tappa obbligata per il riassetto della Società, ponendo due condizioni: (a) l’approvazione di tutti i soci pubblici (cioè i soggetti danneggiati) di un “accordo transattivo” per il riassetto societario e (b) l’esecuzione degli adempimenti correlati.
Intanto le voci più informate, di prima e di seconda mano, sostengono l’ipotesi tranquillizzante che la Società si “riassetti” nella forma precedente a  quella dell’ingresso del privato, ridistribuendo le quote ai soci pubblici, garanti di fronte ai cittadini del futuro dell’aeroporto. Così ancora una volta possiamo stare tranquilli!
Ma sia l’accordo transattivo che lo Statuto della nuova società – sottoposti all’ approvazione , mediante delibera, dei soci pubblici - dicono qualcosa di diverso.In particolare il nuovo Statuto non assicura una quota maggioritaria per i soci pubblici, nè una presenza prevalente degli stessi nel Consiglio di amministrazione, a prescindere dalle quote. Stabilisce soltanto il limite inferiore delle quote per i soci pubblici – non meno del 20% - nonché modalità della gara di privatizzazione tali da lasciare ai soci privati l’80% delle quote. Si smentiscono così le voci tranquillizzanti, solo sulla base di una accurata lettura delle carte.
Se poi si considera l’accordo transattivo, si rileva come sia sfavorevole sul piano economico per i soci pubblici; il valore delle quote è stato calcolato erroneamente a favore del socio privato, che viene liberato  da ogni responsabilità pregressa e “liquidato” con una sommetta, senza chiedere al contrario di versare in proporzione la sua quota di perdite ( 5 mln in 3 anni).
Per completare il quadro e rendere appetibile ad  eventuali futuri acquirenti privati l’”oggetto” aeroporto  manca solo la concessione totale e  ventennale da parte dell’ENAC (attualmente c’è una concessione annuale). Ma per questo è necessario che entro il 31 marzo sia avvenuto  il riassetto societario e il recesso di Galaxy in seguito al dissequestro delle quote.
Così la Società accelera i tempi, e attiva una procedura del tutto “inusuale”. Convoca per lo stesso giorno – il 25 marzo 2011– tre assemblee della società, in cui i soci dovranno deliberare a cascata su una serie di punti – quelli indicati dal codice civile:  il diritto di recesso del socio privato, la rinuncia ad esercitare il diritto di opzione, la riduzione di capitale, il nuovo statuto della società, i nuovi amministratori che comporranno il Consiglio.
Tutto in blocco, senza tenere conto dei tempi e delle modalità (ad esempio il deposito presso il registro delle imprese per un certo numero di giorni) previsti dal Codice civile per ciascuna di queste tappe, a  garanzia dei diritti di eventuali terzi.
I  soci pubblici, in particolare  il Comune di Siena, il Comune di Sovicille (il comune dove è situato l’aeroporto) e l’amministrazione Provinciale di Siena,  sono chiamati a deliberare in tutta fretta, e nello stesso giorno (il 22 marzo) e alla stessa ora  (come già nel primo atto di questa lunga storia, per l’ingresso di Galaxy fund ) vengono convocati i Consigli comunali e provinciale.   
A scatola chiusa, cioè senza conoscere il business-plan, che il Presidente della Società ha già inviato da tempo all’ENAC (e negato sia ai soci che al comitato!). Ma nella delibera predisposta per l’approvazione, i Consigli candidamente “invitano la società aeroporto, dopo la conclusione dell’accordo transattivo, a presentare a tutti i soci pubblici un preciso e dettagliato piano di rilancio dell’aeroporto..”. Ciò potrebbe rivelare un rapporto molto singolare – di fiducia? -  tra il Presidente della  società  aeroporto e gli amministratori locali, se non fosse smentito dagli eventi successivi.
Il giorno della convocazione c’è un colpo di scena. I Consigli Comunali e provinciale, a partire dal Comune di Siena,  rinviano il voto sull’accordo transattivo. Si chiude così – almeno per ora e salvo interventi di salvataggio da parte del Ministero - la strada alla richiesta di concessione ventennale per l’aeroporto di Ampugnano.
Il Comitato ha vinto ancora, o così sembra. Ma anche questa volta, si tratta di una magra consolazione; e nel frattempo si è scatenata la caccia all’untore – nella figura del Comitato - e forse assisteremo ad ulteriori non marginali sviluppi.

Analizzando in retrospettiva questa vicenda, così come altre non dissimili,  emergono alcuni importanti elementi di riflessione.
In primo luogo la mancanza di trasparenza e l’opacità delle istituzioni mettono il cittadino in allarme; in uno stato di diritto la trasparenza è infatti alla base dell’equità del sistema democratico ed è ciò che permette di verificare la correttezza delle azioni. Nel nostro caso le istituzioni si sono rivelate impotenti e incapaci di garantire, nei riguardi della società, il rispetto delle norme e procedure - viste ormai come scomodi inconvenienti da aggirare - nonché la conoscenza e la disponibilità degli atti, che spesso i soci pubblici dimostravano di ignorare.  A ciò si aggiunge la responsabilità politica nel sostenere – con il silenzio e con la disinformazione – scelte determinanti per il futuro di un territorio e di tanti cittadini. E’ questo che rimproveriamo ai soci pubblici, a cui rivolgiamo questa semplice domanda. Nell’interesse di chi tutto questo?   

La seconda riflessione, di ordine più generale,  riguarda la natura della Società per azioni ed il rapporto con i Comitati di cittadini. Qui il discorso sulla trasparenza si rovescia: l’opacità diventa “riservatezza”, un valore positivo per una Società di diritto privato, e le possibilità per un Comitato anche solo di avere accesso agli atti sono quasi nulle. Più in generale, un Comitato che si costituisce contro decisioni prese all’interno di una Società per azioni incontra ostacoli maggiori e di natura diversa che non quando le scelte e la gestione di un processo sono in mano ad istituzioni. In questi casi, la responsabilità dei soci pubblici diventa determinante, al di là del fattore quantitativo rappresentato dalle quote detenute.

Le prospettive nel caso Ampugnano
Se gli animi si calmassero, se ci fosse la buonafede e la capacità di riconoscere i propri errori, le soluzioni sarebbero a portata di mano.
L’applicazione del federalismo demaniale, che avverrà a breve,  determinerebbe il trasferimento del sedime aeroportuale alla Regione, per cui le scelte su Ampugnano potrebbero essere fatte non sulla base di particolarismi territoriali e nell’interesse di pochi ma in sinergia con il sistema regionale degli aeroporti, già allo studio, e più in generale dei trasporti. Ma ciò non sarebbe possibile nel caso di concessione ventennale, che vincolerebbe il sedime aeroportuale, sottraendo alla Regione ogni possibilità di intervento.
In questa visione non certo utopistica, ma realistica e lungimirante, la concessione ventennale con la conseguente messa sul mercato dell’aeroporto sarebbe una sciagura più che una opportunità. 

Siena, 4 Aprile 2011

                                                                                                                            francesca farabollini

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