Il Piano Paesaggistico della Toscana doveva essere un esempio innovativo in materia di tutela e promozione del paesaggio.
Purtroppo questo piano è vittime di una vera e propria opera di demolizione da parte di politici ignoranti della materia. In pieno accordo con le forze le più conservatrici, il PD ha silurato definitivamente il lavoro di anni che cercava di mettere in sicurezza il territorio dalla politica di demolizione e di saccheggio.
Conseguenza inevitabile di questo scandalo politico per la Val di Cornia: il cemento arriverà in riva al mare...
Non mancate di seguire sul nostro sito il dibattito feroce intorno alla nascita del così detto "Partito unico del cemento".
riceviamo e diffondiamo questo appello di Avaaz.org
Con un colpo di mano, la Regione toscana vuole stravolgere il Piano Paesaggistico delle Alpi Apuane per permettere l'estrazione di marmo quasi senza limiti nè regole. Il voto decisivo è tra solo 24 ore, scrivi subito a chi può fermare questa vergogna:
Le Alpi Apuane sono di nuovo in pericolo: vogliono distruggere il Piano che le tutela e mancano solo 24 ore al voto. Ma se agiamo subito, possiamo fargli cambiare idea.
Il Consiglio Regionale Toscano deve votare un maxi-emendamento che rischia di vanificare i risultati ottenuti con anni di lotte e con la spinta della nostra comunità. Ma i nostri alleati in Consiglio ci dicono che possiamo essere nuovamente fondamentali: sappiamo nomi e cognomi degli attori chiave.
Facciamoci sentire in massa e dovranno salvare il Piano Paesaggistico se non vorranno perdere la faccia. Scrivi subito un messaggio:
Il Piano Paesaggistico che vogliono stravolgere, seppur non perfetto, prevede tutele per i monti sopra i 1200 metri e limiti ben precisi alla quantità di marmo che si può estrarre. E rappresenta una vittoria culturale ed epocale di chi si batte per la difesa del territorio contro chi vorrebbe scavare le montagne fino all'osso.
L'unico argomento dei cavatori, quello dei posti di lavoro, non ha fondamento: esiste un programma di sviluppo alternativo delle Apuane che salverebbe sia i posti di lavoro che le montagne, sfruttando risorse al momento sottosviluppate proprio a causa delle cave come turismo, agricoltura e artigianato.
Quella che si sta combattendo in Toscana è una battaglia cruciale per tutto il nostro Paese per capire da che parte vogliamo andare, se verso un passato di speculazioni incontrollate e di favori ai soliti noti o verso un futuro di sostenibilità e scelte condivise. Manda subito un messaggio per far sentire la tua voce:
Quando in passato la nostra comunità si è fatta sentire ha scosso il mondo dei media e della politica ottenendo un risultato storico per la salvaguardia delle Alpi Apuane e per la tutela del territorio. Ora dobbiamo difendere quel risultato e sappiamo di potercela fare.
Con speranza e determinazione,
Luca, Francesco, Luis e tutto il team di Avaaz MAGGIORI INFORMAZIONI
Il sistema è costato 70mila euro più i soldi per la manutenzione ed era stato avviato a San Mauro Pascoli, piccola realtà in provincia di Forlì. Ma invece di aumentare la percentuale di differenziata l'ha diminuita
Era stata presentata come l’idea del futuro, principio di una nuova era che avrebbe reso i nostri cassonetti intelligenti e tecnologici:chiavette elettroniche, in grado di migliorare “la quantità e la qualità della raccolta differenziata”, e di tracciare il ciclo di una bottiglia di vetro o di un cartone di latte usato. E invece sono bastati 4 anni per ribaltare la situazione e trasformare un esperimento di ultima generazione, firmato dalla multiutility Hera, in un vero e proprio flop, costato alle casse pubbliche 70mila euro e altre migliaia di manutenzione.
Il sistema era stato avviato a San Mauro Pascoli, piccola realtà in provincia di Forlì, scelta come città apripista. Ma invece di aumentare la percentuale di differenziata l’ha diminuita. È stata la stessa amministrazione comunale ad ammettere il fiasco e a decidere il dietrofront, annunciando la sospensione della modalità di raccolta rifiuti con l’accesso elettronico attraverso E-Key, dal 1 gennaio 2015. “L’abbiamo provato – racconta il sindaco di San Mauro, Luciana Garbuglia – e nel primo anno abbiamo ottenuto buoni risultati, passando dal 35% al 54% di raccolta differenziata. Successivamente però sono emerse delle difficoltà nella gestione del meccanismo, con costi esagerati di manutenzione. E la percentuale di differenziata è calata di nuovo al 46%”.
Avviata nell’autunno del 2011, l’iniziativa delle E-Key, di cui il colosso dei rifiuti Hera è comproprietaria del brevetto, aveva coinvolto circa 12 mila abitanti. Ossia 4.700 utenze per 600 cassonetti, compresi i bidoni da 240 litri. Un “sistema flessibile” l’aveva definito Hera, finanziato con 70mila euro dalla Regione Emilia Romagna. “Si inserisce la chiave elettronica nell’apposita fessura – si legge in un vecchio volantino – e il contenitore riconosce l’utente, che può così gettare i propri rifiuti. La chiave elettronica è personalizzata, consegnata casa per casa, apre solo i contenitori dell’isola ecologica assegnata alla specifica utenza”.
Un gioco da ragazzi? Non proprio, visto che dopo alcuni mesi, negli uffici comunali hanno cominciato a moltiplicarsi le segnalazioni degli abitanti, tra chi aveva perso la chiavetta, chi l’aveva smagnetizzata, chi aveva trovato la serratura inceppata o guasta e quindi era stato costretto a lasciare il sacchetto dei rifiuti nel primo bidone disponibile. “Una parte di responsabilità sta nella progettazione: il sistema era troppo delicato, non era adatto, e nel tempo non ha retto. Anche perché veniva applicato su cassonetti di vecchia generazione. C’è poi una responsabilità del cittadino: alcuni forzavano la serratura, rompendola. Era un’iniziativa che andava abbinata a un lavoro di educazione” spiega ancora il sindaco.
Archiviate le chiavette, ora a San Mauro si sta lavorando per avviare un mero tecnologico sistema di porta a porta. Intanto però la polemica resta. “Quello delle chiavette è stato un fallimento da tutti i punti di vista” attacca il Movimento 5 stelle. “E si poteva evitare. Bastava semplicemente usare il buon senso, e andare a vedere l’esperienza dei comuni che avevano adottato quella gestione. Tutti ne erano usciti per i problemi che comportava. Basti pensare che quando un cassonetto era rotto o non si riusciva ad aprire (e capitava molto spesso) si versava nel primo bidone utile. Il comune di San Mauro Pascoli ha l’obiettivo di raggiungere il 70% di raccolta differenziata, ma l’unico modo, lo ripetiamo da sempre, è il porta a porta”.
LA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE VUOLE AZZERARE LE COMPETENZE URBANISTICHE DELLE REGIONI
Sulla vicenda del maxi emendamento del PD al Piano Paesaggistico della Regione Toscana che in questi giorni riempie le pagine dei giornali, forze politiche e associazioni ambientaliste, ne hanno già messo in luce la crucialità per le sorti del territorio regionale. Tra le tante reazioni, ci sembra che l'articolo di Tomaso Montanari su La Repubblica di domenica 22 febbraio ne riassuma il significato. Condividendolo in toto lo riportiamo più sotto integralmente.
A nostro avviso le vicissitudini del Piano Paesaggistico vanno anche inscritte nel quadro della riforma (o meglio controriforma visto che era già stata riformata in passato) del Titolo V della Costituzione, che prevede un accentramento delle competenze urbanistiche in mano allo Stato, salvo ridimensionamento del potere delle Sovrintendenze ed esproprio delle competenze regionali. In campo urbanistico il cosiddetto federalismo era sfociato in un potere assoluto dei sindaci nell' ambito del loro territorio. Con la nuova legge urbanistica, con la variante al PIT con valenza di Piano Paesaggistico e con l'adozione di una controversa proposta di legge sulle cave, la Regione Toscana ha inteso riappropriarsi delle proprie legittime competenze, particolarmente su una serie di casi territoriali sensibili (Apuane, litorali, vigneti, ambiti autostradali, ecc.).
Già per quanto riguarda le nuove Norme per il governo del territorio(LR 65/2014) un emendamento dell'ANCI Toscana (Associazione dei Comuni) approvato dal Consiglio, ha di fatto annullato la volontà di ripristino delle competenze della Regione nei confronti dei Comuni. Non dimentichiamo poi che il Governo ha addirittura impugnato la legge in relazione alle limitazioni delle grandi strutture di vendita che costituirebbero ostacolo alla libera concorrenza (!)
Per ciò che riguarda il Piano Paesaggistico, da tempo si erano levate voci di protesta da parte di lobby e ordini professionali. Adesso arrivano gli attacchi politici da parte del PD, il partito di maggioranza, che aveva a suo tempo adottato il Piano.
Forze politiche locali che sembrano mandate avanti per preparare il terreno a quello che sarà la prossima modifica costituzionale con la quale l' Ente sovraordinato (lo Stato) intende assorbire le competenze regionali.
E poiché la Regione Toscana, (grazie all' autorevole lavoro svolto dall' Assessore Anna Marson a cui esprimiamo la nostra solidarietà per l'ostracismo che sta subendo), rischiava di essere presa ad esempio a livello nazionale, si sta cercando di bloccare sul nascere una impostazione pericolosa per gli obiettivi del Governo che evidentemente non sono quelli della tutela e delle regole, ma quelli di una deregulation mascherata da incentivazione al lavoro.
Articolo di Tomaso Montanari su La Repubblica del 22 febbraio.
Nella violenta reprimenda pubblica che ieri Enrico Rossi ha riservato al migliore dei suoi assessori, Anna Marson, si legge che il presidente della Toscana si adopererà «per trovare le soluzioni più avanzate per conciliare ambiente e lavoro». Ma Rossi ce l'ha già in mano quella soluzione: è l'avanzatissimo Piano Paesaggistico Regionale, proprio quello che il suo Partito sembra deciso a far inabissare definitivamente.
Perché è importante chiarire un punto. Non siamo di fronte a uno scontro tra ambientalisti radicali e uomini di governo, o tra tecnici e politici: siamo di fronte allo scontro tra una politica che crede in uno sviluppo sostenibile, e una politica che vuole perpetuare in eterno l'insostenibile stato delle cose.
Come ha scritto lo stesso Enrico Rossi (nel suo Viaggio in Toscana), «il Piano offre una cornice di regole certe, finalizzate a mantenere il valore del paesaggio anche nelle trasformazioni di cui esso è continuamente oggetto». È verissimo: il Piano non avrebbe l'effetto di imbalsamare il paesaggio toscano, ma darebbe finalmente gli strumenti per governarne la trasformazione in modo responsabile. La sua approvazione sarebbe la vittoria di chi crede che il paesaggio non si salva con i vincoli, cioè con le (pur necessarie) proibizioni delle soprintendenze, ma con la capacità di immaginare un futuro condiviso. Sarebbe il successo di una democrazia matura: il Ministero per i Beni culturali ha accettato di rinunciare a una serie di vincoli perché convinto della qualità del Piano.
Ma ora tutto questo rischia di saltare, perché il pacchetto di emendamenti presentato dal Pd svuota il Piano al punto tale da renderlo inerte. Basterebbe questo comma: «le criticità contenute nelle schede di ambito costituiscono valutazioni scientifiche non vincolanti a cui gli enti territoriali non sono tenuti a fare riferimento nell'elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica». Se il Piano non è vincolante, se i comuni non sono tenuti ad osservarlo: ebbene, quello non è più un piano, ma un auspicio. E il Mibact non lo firmerebbe. Insomma, il Piano morirebbe prima di nascere.
La cosa veramente inquietante è che negli emendamenti di Forza Italia troviamo non solo la stessa volontà, ma le stesse identiche parole presentate dal Pd: «le criticità contenute nelle schede di ambito costituiscono valutazioni scientifiche non vincolanti a cui gli enti territoriali non sono tenuti a fare riferimento nell'elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica». Siete capaci di trovare una sola virgola diversa dal testo del Pd?
E non è la sola convergenza letterale. Quando si parla dell'enorme problema della distruzione delle Apuane, Pd e Forza Italia piantano gli stessi paletti, con le stesse parole: «salvaguardando, comunque, le cave esistenti e il loro futuro sviluppo». E si potrebbe continuare a lungo, purtroppo. Siamo evidentemente di fronte al tentativo di imporre a Rossi uno Sblocca Toscana, perfettamente allineato a quell'asse Renzi-Lupi che ha partorito lo Sblocca Italia, che è un triplo salto mortale nel passato, con il ritorno ad un consumo di suolo senza freni, e ad un totale asservimento dell'interesse pubblico agli interessi privati di lobbies industriali, edili ed estrattive.
Se i toscani fossero chiamati a un referendum, il Piano Marson passerebbe con l'80% dei voti. Mentre rischia di cadere in un Consiglio regionale in cui il peggio del vecchio regime e il peggio del renzismo sono ormai indistinguibili. Se giovedì prossimo il Piano cadesse davvero, il finale di queste interminabili 'cinquanta sfumature di Rossi' sarebbe un monocolore senza sfumature. Grigio: come il cemento.
In Italia c'è ancora molto da fare per mettere in pratica parole come intermodalità o sostenibilità in ambito trasporti. E' crescente il numero di pendolari che utilizzano la bici ed il treno quotidianamente ed è ormai condivisa nella società la necessità di favorire pratiche virtuose che hanno effetti benefici sull'ambiente, la mobilità, la salute. In alcune Regioni trasportare la bici sul treno ha un costo annuo di circa 1.000 €, perché non è ancora possibile usufruire di un abbonamento mensile o annuale. In Emilia Romagna l'abbonamento annuale a 122 € - nato da un accordo tra FIAB e Trenitalia - è stato di recente annullato. In Lombardia l'abbonamento c'è e costa 60 €. La sensazione è che i pendolarisiano appesi al sottile filo di accordi stretti a macchia di leopardo a livello locale. Accordi che possono essere annullati in ogni momento. La Federazione Europea dei Ciclisti (ECF) ha calcolato che nel periodo 2014-2020 sono disponibili per gli stati circa 6 miliardi di euro per finanziare progetti di ciclabilità. Ad oggi si contano progetti per un ammontare pari a poco più di 2 miliardi, di cui l'Italia detiene solo il 4%, quindi non è una questione di mancanza di fondi (che ci sono e non sono utilizzati oppure vengono richiesti e spesi in altre grandi opere meno sostenibili) ma di mancanza di progetti per utilizzare questi fondi. Chiediamo a Trenitalia di rendere omogenea a livello nazionale la possibilità di acquistare abbonamenti mensili ed annuali per il trasporto bici.
19 feb 2015 — Un aggiornamento velocissimo ma importante. Un primo tassello del complicato puzzle regionale è andato al suo posto. Ed il costo dell'abbonamento sarà di 60 € invece di 122. Ci sono anche altre importanti novità che verranno diffuse in seguito dalla Regione. Che questa piccola battaglia possa essere di esempio per tutti coloro che invece di lamentarsi di una situazione provano a proporre un cambiamento. Grazie a tutti e continuiamo perché non è finita. Sarebbe bello andare a Roma il 5 marzo con un bel 60.000!!!! http://www.bikeitalia.it/2015/02/19/in-emilia-romagna-labbonamento-annuale-bici-treno-costera-60-euro/
·Tiziano Cardosi, Comitato No tunnel TAV:Introduzione. Il Passante di Firenze nel quadro delle grandi opere inutili
·Giorgio Pizziolo, urbanista, UNIFI:Paesaggio metropolitano e vertenze territoriali
·Ivan Cicconi, presidente I.T.A.C.A.:Privatizzazioni, governance e monopoli; effetti nel sistema dei trasporti
·Maria Rosa Vittadini, urbanista, IUAV:L'anomalia italiana delle grandi opere inutili e imposte
·Roberto Budini Gattai, urbanista, UNIFI:Elementi portanti del rapporto territorio/mobilità
·Raniero Casini, Coordinamento 20 Gennaio:Privatizzazioni e nuove linee tranviarie, il caso Firenze.
·Manlio Marchetta,urbanista, UNIFI:Una ipotesi di rete di trasporti in sede propria nell'area fiorentina
Break (buffet)
Ore 14,30 – 16.30
·Paolo Lombardi, Coordinamento dei Comitati contro l'aeroporto:Un pachiderma su Firenze e sul sistema dei trasporti, il nuovo aeroporto di Firenze contro l’integrazione della rete aeroportuale
·Vincenzo Abruzzo, ingegnere ferroviario:Possibili sviluppi della rete ferroviaria nella piana e il collegamento con l'aeroporto di Pisa
·Alberto Ziparo, urbanista, UNIFI:Le politiche dei trasporti nell'area fiorentina: la pianificazione della mobilità invece delle grandi opere inutili
·Letizia Recchia, architetto e urbanista:Presentazione dello scenario di mobilità sostenibile.
Modera gli interventiPaolo Berdini, urbanista
16.30 – 18.30
Tavola rotonda
Mobilità toscana: da una governance autoreferenziale alle alternative dal basso Ne parlanoFrancesco Alberti– urbanista, UNIFI,Mauro Chessa– Geologo, Presidente Rete dei Comitati in Difesa del Territorio,Giorgio Pizziolo– Urbanista, UNIFI,Maria Rosa Vittadini– Urbanista, IUAV,Alberto Ziparo– Urbanista, UNIFI Interventi e domande dal pubblico
Michèle Rivasi e Karima Delli, Due euro-deputate francesi del gruppo dei Verdi europei, verso la fine della scorsa settimana hanno reso noto l’avvio delle indagini sul contestato TAV Torino-Lione da parte dell’organismo anti-frode europeo (OLAF). A far muovere gli investigatori europei è stato un dossier presentato da un esponente del comitato No TAV d’oltralpe, Daniel Ibanez, congiunto alla pressione delle euro-deputate parte del gruppo dei Verdi europei.
Già a novembre Rivasi e Delli avevano infatti pubblicato sul loro sito un comunicato stampa in cui annunciavano la consegna del dossier all’Olaf e indicavano alcuni degli aspetti segnalati, tra i quali i contratti di fornitura firmati con aziende legate al crimine organizzato, le forniture non conformi agli ordini e l’aumento ingiustificato di costi. Non è chiaro quali dei tanti aspetti siano parte dell’indagine in corso, e su cui l’Olaf dovrà esprimersi entro sei mesi.
L’indagine si affianca a quella della procura distrettuale antimafia di Torino, che ha portato a 20 arresti nel luglio scorso legati all’indagine su infiltrazioni della ndrangheta nella filiera della costruzione del TAV in Val di Susa.
Il progetto, contestato dal movimento No TAV come dannoso e inutile da oltre 25 anni, ha già beneficiato di un importante co-finanziamento tramite fondi strutturali europei. E si trova in prima linea tra i progetti che il governo italiano vorrebbe finanziare tramite il Piano Juncker, annunciato lo scorso novembre, che si propone di investire 315 miliardi in grandi opere pubbliche a livello europeo attraverso strumenti finanziari innovativi come i project bond europei.
Gli stessi che secondo il presidente dell’autorità anti-corruzione Cantone comporterebbero dei rischi per la normativa anti riciclaggio. Se il principio di precauzione vale in materia di corruzione e di oculatezza nella spesa pubblica, allora il TAV dovrebbe essere depennato dalle priorità di finanziamento pubblico italiane e europee. E fra sei mesi attendiamo il giudizio sui finanziamenti pubblici già spesi, per capire se la società proponente LTF dovrà restituirli o meno.