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domenica 15 marzo 2015

ROSSI RISCHIATUTTO


                                                                                                                                                                                                               

CITTADINI AREA FIORENTINA
COMITATI DEI CITTADINI - FIRENZE

PUBBLICATO SU: http://cittadiniareafiorentina.wordpress.com/


ROSSI RISCHIATUTTO

 

 

Giu' le mani dal Piano Paesaggistico !

 

Giovedì scorso, in risposta all'appello per salvare le Alpi Apuane, lanciato da Avaaz e qui raccolto anche da noi, il Presidente della Toscana Enrico Rossi ha inviato questa lettera a tutti i firmatari della petizione.

 

Ringrazio lei e gli altri cittadini che mi avete scritto. Vi rispondo con piacere fornendovi anche alcune informazioni che forse non sono in vostro possesso.

Il nostro obiettivo è sempre stato quello di tenere insieme lavoro e bellezza. Proprio per questo saranno vietate le aperture di nuove cave sopra i 1.200 metri ed incentiveremo la filiera produttiva locale. Una scelta che ci consente da un lato di tutelare le vette e i crinali apuani e dall'altro di far sì che una maggiore occupazione e ricchezza ricada sul territorio.

Ritengo che il documento che abbiamo elaborato, superando contrapposizioni e diatribe su cui non sempre le posizioni più estreme risultano essere le più fondate, rappresenti un punto di arrivo per tutti. E'del tutto normale che su temi così importanti si discuta e si confrontino posizioni diverse ed anche estreme, tra chi vorrebbe chiudere le cave e chi invece vorrebbe continuare a far tutto come prima. In democrazia le proposte si discutono e si cercano soluzioni il più possibile condivise, senza le quali anche le migliori elaborazioni rischiano di restare esercizi puramente accademici. E'proprio da questo confronto che scaturiscono le soluzioni più avanzate. Ne è riprova che la Toscana sarà la prima e unica regione ad avere approvato un piano che contiene sia la parte vincolistica che precise direttive per gli ambiti territoriali della nostra regione, a cui dovranno conformarsi gli strumenti urbanistici dei Comuni.

La legge sulle cave che il Consiglio Regionale ha approvato dichiara pubblici i beni stimati,  raddoppia le tasse di concessione dovute agli Enti locali e stabilisce che il marmo scavato dovrà essere lavorato, sempre più, a livello locale. E'la prima volta che la Regione affronta questi temi per dotarsi di regole di carattere sociale e ambientale. Sono certo che la vostra sensibilità ambientale vi faccia comprendere ed apprezzare lo sforzo che stiamo compiendo per dare, finalmente, una risposta positiva a queste importanti questioni. Agli imprenditori del marmo ho chiesto anche di investire nella salvaguardia ambientale così come hanno fatto gli industriali del cuoio con gli impianti di depurazione. Assumersi le responsabilità di governo del territorio è oggi una grande sfida perché richiede di interpretare e governare fenomeni complessi, di trovare equilibri tra interessi diversi e spesso contrastanti ascoltando le (buone) ragioni di tutti, ma allo stesso tempo tenendo ferma la propria responsabilità che è quella di promuovere sviluppo e salvaguardia del territorio.

Spero di avere contribuito a fare chiarezza su questa vicenda e le invio i miei più cordiali saluti.

 

Enrico Rossi

  

 

 

In questa lettera Rossi dichiara di "voler tenere insieme lavoro e bellezza", forse cercando di evocare in noi il ricordo di Michelangelo e dei "Prigioni" dell'Accademia, ma senza ricordare che il marmo non si estrae più come 500 anni fa, con scalpelli e cunei di legno, ma con filo diamantato e dinamite e i committenti non son più Giulio II o Papa Medici, bensì magnati del Golfo a beneficio di poche famiglie di imprenditori e multinazionali senza scrupoli che distruggono la montagna.

 

Rossi dice anche che "in democrazia le proposte si discutono e si cercano soluzioni il più possibile condivise", ma senza precisare che la discussione è già avvenuta in Consiglio Regionale e successivamente in risposta alle osservazioni, impegnando l'Assessorato e i tecnici della Regione per mesi c ha già prodotto una faticosa modifica del testo.

 

Rossi dimentica che la democrazia si basa, oltre che sulla responsabilità e sulla capacità di decisione dei suoi organi rappresentativi, anche sulla competenza e sulla legittimità tecnico-scientifica degli atti e degli strumenti esecutivi. Questo, se è particolarmente vero per la pianificazione del territorio, lo è ancor più per la delicata materia del paesaggio, non certo riducibile a minimo comune denominatore di consolidati interessi locali. Tanto più che il Piano paesaggistico della Toscana ha richiesto 4 anni di preparazione e, lungi dall'essere un esercizio "puramente accademico" come lui sembra ritenere, ha saputo accreditarsi, anche a livello ministeriale, quale modello per le altre regioni.

 

Ma anche questa lettera nelle ultime ore è stata superata: non sarà più vietata neanche l' apertura di cave sopra i 1200 m. Il maxiemendamento del PD è una carta moschicida che richiama a sé tutti i nemici delle regole, degli  indirizzi e delle direttive paesaggistiche, non solo per le cave, ma anche per le coste, per le zone umide, per i crinali e persino per gli alvei fluviali. Tanto che ora lo stesso Rossi vorrebbe tornare al testo originale approvato dalla maggioranza e dall' Assessore Marson.

 

La questione del Piano paesaggistico della Toscana può produrre conseguenze anche a livello governativo, da un lato per l'impegno profuso dal sottosegretario Borletti Buitoni in sua difesa, dall'altro per la spinta neocentralista che potrebbe riaffermarsi, azzerando qualsiasi capacità della Toscana di darsi propri strumenti per il Buon Governo del territorio. Martedì prossimo l'eccezione toscana potrebbe davvero giungere alla fine.

 

In quel caso finirebbe anche, crediamo, la corsa spericolata verso le elezioni di Enrico Rossi che avrebbe delegittimato definitivamente il lavoro pluriennale e ampiamente partecipato del proprio Assessore, per ascoltare le istanze di lobbies, presenti nella maggioranza e nel suo partito, il cui orizzonte culturale è sempre quello dello sfruttamento selvaggio del territorio. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 





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