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venerdì 31 marzo 2017

Presidio giornata della terra palestinese 1 aprile 2017

L'Associazione di Amicizia Italo Palestinese Onlus
Invita tutti al presidio per la commemorazione della
G i o r n a t a   d e l l a   T e r r a
Sabato 1 Aprile 2017
Ore 17:00
Piazza della Repubblica - Firenze




Il 30 Marzo è per i Palestinesi di tutto il mondo "Yum al-Ard", la "Giornata della Terra", celebrazione istituita per testimoniare e ricordare l'ingiustizia della confisca e della distruzione di gran parte dei territori della Palestina da parte del Governo Israeliano.

Questa ricorrenza è anche l'occasione per rievocare i tragici avvenimenti del 1976, quando i Palestinesi rimasti nel 1948 nelle loro terre occupate dall'esercito israeliano, dopo che la maggior parte della popolazione era stata espulsa, scesero in piazza per difendere il diritto alla loro terra che sarebbe stata espropriata a favore della componente ebraica.
Ventotto anni di occupazione erano stati, infatti, segnati da leggi repressive, coprifuoco, divieti di spostamento, confisca delle terre, distruzione di villaggi, divieto di espressione e di organizzazione: tutti tentativi di cancellare l'identità fisica, storica e culturale della terra palestinese.
Il 30 Marzo 1976, in tutte le zone arabe sotto il controllo di Israele, fu indetta una manifestazione per protestare contro gli espropri di terra, ma fu repressa nel sangue dalla polizia: sei palestinesi, tra cui una donna,  furono uccisi, ci furono decine e decine di feriti e centinaia di arresti.

Celebrare oggi, la Giornata della Terra, significa supportare il diritto legittimo alla resistenza del popolo palestinese contro l'espropriazione, la colonizzazione, l'occupazione e l'apartheid tuttora in corso sia in Israele che nei Territori Occupati della Palestina. Questo processo di confisca di terra non ha mai avuto fine e sta portando ad una totale "ebraicizzazione" di tutte le aree che, in territorio israeliano, sono abitate in prevalenza da cittadini Arabo-Palestinesi.

Fino  a che  il Governo Israeliano non cesserà di negare l'esistenza del popolo palestinese e del suo diritto a vivere nella propria terra e non sceglierà di imboccare realmente la strada del dialogo e della comprensione, noi ci schiereremo a favore del popolo palestinese e dei suoi legittimi diritti. Sosteniamo perciò la campagna BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni -www.bdsitalia.org) come strumento di lotta contro la politica repressiva dello Stato di Israele e per protestare contro questo regime di apartheid, in solidarietà con il popolo palestinese.

giovedì 30 marzo 2017

domenica 26 marzo 2017

Geotermia e Valdera a Capannoli venerdì 24 marzo





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 Saluti  dal Comitato difensori della Toscana    
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Il Governo Gentiloni cerca di snaturare la normativa sulla valutazione di impatto ambientale!

La direttiva n. 2014/52/UE ha integrato e modificato la direttiva n. 2011/92/UE sulla valutazione di impatto ambientale (qui il testo coordinato delle direttive sulla V.I.A.).

Portoscuso, zona industriale di Portovesme, impianti Alcoa
In seguito dovrà acquisire il parere delle Commissioni parlamentari competenti e il parere della Conferenza permanente Stato – Regioni – Province autonome.
Il testo proposto dal Governo Gentiloni rappresenta un salto indietro di trent'anni, con sensibili profili di incostituzionalità oltre a non costituire corretta attuazione degli obiettivi della nuova direttiva V.I.A.
Lo denunciamo a gran voce e faremo di tutto per evitare questo disastro ambientale e sociale annunciato.
Gruppo d'Intervento Giuridico onlus

GRANDI REGALI AI PETROLIERI NEL DECRETO PROPOSTO DAL GOVERNO A REGIONI E PARLAMENTO PER LA NUOVA V.I.A.
ESCAMOTAGE PER NON FAR SMONTARE PIATTAFORME E RELATIVI GASDOTTI E OLEODOTTI SOTTOMARINI A FINE VITA: VANTAGGIO DI CENTINAIA DI MILIONI DI EURO PER LE MULTINAZIONALI.

Prospezione in mare con airgun e coltivazione di idrocarburi in mare e a terra con produzione fino a 182.500 tonnellate di petrolio o 182,5 milioni di Mc di gas annua non faranno la V.I.A. obbligatoria.
Si deciderà caso per caso se andare a V.I.A. senza alcun contraddittorio con cittadini ed enti locali.
Associazioni, movimenti e comitati a regioni e Parlamentari: cambiare radicalmente il Decreto.


Balena (da National Geographic)
Il Governo ha trasformato la bozza di Decreto per il recepimento della nuova direttiva VIA comunitaria appena inviato in Parlamento in un mega-regalo per i petrolieri mettendo il bavaglio ai cittadini e agli enti locali su decine di progetti e permettendo di non smantellare le piattaforme e i relativi gasdotti e oleodotti in mare.
Infatti nella proposta governativa si nasconde una miriade di favori grandi e piccoli alle multinazionali. Alcuni di questi riguardano tutti i progetti, come la V.I.A. "in sanatoria", alla quale potranno accedere tutti, anche i petrolieri. Idem la norma pazzesca ed anticostituzionale secondo la quale i cantieri e le attività potranno continuare pure se si scopre che un'opera non ha fatto la V.I.A. oppure se un ente locale o un'associazione vince al TAR facendo decadere il parere favorevole.
Oggi però vogliamo concentrarci sui regali specificatamente inventati dal Governo a favore dei petrolieri.

Sarroch, impianti petrolchimico (da Google Earth)
In primo luogo all'Art.25, "Disposizioni attuative" si prevede un escamotage per evitare a fine produzione alle multinazionali di dover smontare le piattaforme oggi esistenti (o quelle ancora da costruire) nonchè gasdotti e oleodotti sottomarini a queste connessi. Infatti al comma 6 si prevede un Decreto del Ministro dello Sviluppo, di concerto con il Ministro dell'Ambiente, con semplice parere della Conferenza tra stato e regioni, con cui si prevedono le "linee guida per la dismissione mineraria o destinazione ad altri usi delle piattaforme per la coltivazione di idrocarburi in mare e delle infrastrutture connesse". Già immaginiamo i mille e fantasiosi usi che verranno proposti per queste strutture.
Un vantaggio di centinaia di milioni di euro, visto che ci sono decine di piattaforme da smantellare e centinaia di chilometri di tubazioni posate sul fondo marino da bonificare. Materiali che rilasciano sostanze nell'ambiente.
Veniamo ora alle procedure sui progetti petroliferi da approvare e al bavaglio previsto per cittadini ed enti locali su molteplici progetti, alcuni dei quali già in corso di autorizzazione con forte opposizione sul territorio.

Gallura, cantiere edile sulla costa
Attualmente il Testo Unico dell'Ambiente D.lgs.152/2006 prevede che tutte le attività del settore siano sottoposte direttamente a Valutazione di Impatto Ambientale, dalla prospezione in mare con la tecnica dell'airgun fino alla coltivazione dei giacimenti, passando per lo scavo dei pozzi, con una fase pubblica di 60 giorni per cittadini ed enti locali per depositare osservazioni. Sui progetti di airgun, ad esempio, ci sono sempre decine di osservazioni di enti e associazioni e un dibattito fortissimo. Proprio come deve avvenire in uno stato democratico avanzato!
Le direttive comunitarie sulla VIA che si sono succedute, compresa l'ultima, la 52/2014/UE, hanno previsto due liste di progetti. Quelli inseriti nella prima devono sempre fare da subito la V.I.A. completa. Per quelli inseriti nella seconda la Direttiva demanda allo Stato membro di decidere se fare direttamente la V.I.A. o effettuare prima una verifica di assoggettabilità a V.I.A. (screening) sulla base delle condizioni specifiche del proprio territorio e anche della sensibilità della popolazione sugli specifici temi. In Italia sulla questione petrolifera negli ultimi anni c'è stata una fortissima mobilitazione di enti e cittadini.

simulazione posa gasdotto (Studio Newton, Fano)
In un paese estremamente vulnerabile per i rischi ambientali, da quello sismico a quello idrogeologico, con problemi rilevanti per la qualità dell'aria e dell'acqua, con una densità di popolazione molta alta, beni artistici diffusi, in un territorio unico per le produzioni enogastronomiche, uno si aspetterebbe la massima cautela. Per una volta era accaduto! Infatti si è optato per un regime rigoroso e cautelativo, sottoponendo anche alcuni progetti della seconda lista, le prospezioni con airgun o esplosivi, e tutti i progetti di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, a V.I.A. diretta.
Oggi il Governo, modificando gli allegati del Testo Unico dell'Ambiente (art.22 della bozza di decreto), sceglie di abbassare le tutele invece di confermarle o aumentarle scegliendo per decine di progetti di fare prima lo screening, togliendo pure il contraddittorio con cittadini, associazioni ed enti locali.
Il mix delle nuove norme rischia infatti di essere micidiale.
Tutte le prospezioni, sia con airgun in mare sia con esplosivi, e i progetti petroliferi di coltivazione di giacimenti con produzione fino a 182.500 tonnellate di petrolio o 182 milioni di Mc di gas annua, cioè praticamente la gran parte di quelli del paese, invece di fare la V.I.A. come avviene oggi potranno partire con il semplice screening.

Masua, scarico di fanghi tossici in mare (1978)
Inoltre, mentre oggi per questo tipo di procedura il proponente deve depositare i documenti del progetto preliminare e uno studio preliminare ambientale, seguiti da una fase di 45 giorni per le osservazioni del pubblico, con il nuovo Decreto (Art.8 della bozza) scomparirà la fase delle osservazioni del pubblico e dovrà essere pubblicato esclusivamente lo Studio preliminare Ambientale (di solito alcune decine di generiche paginette) e non gli elaborati progettuali. Solo eventuali nuovi pozzi dovranno fare la V.I.A. diretta.
Esistono numerosi giacimenti in cui i pozzi sono stati scavati nel passato e vi è la procedura di V.I.A. in corso per la sola coltivazione. Ad esempio, a Comacchio, a S. Maria Nuova nelle Marche oppure a Bomba in Abruzzo. Non è che siccome i pozzi ci sono già non esistono più problemi ambientali potenziali derivanti dalla coltivazione del giacimento. Anzi! La fase estrattiva può avere effetti enormi in aree densamente abitate e delicate dal punto di vista ambientale (Comacchio è sito UNESCO!), dalla subsidenza alla sismicità indotta, passando per la modifica della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti prodotti. Le sole acque di produzione possono ammontare a milioni di mc. Ecco, le nuove procedure per questi progetti partiranno dal solo screening senza contraddittorio mentre le procedure di V.I.A. già in essere potranno essere pure riconvertite nel procedimento più favorevole!

macchia mediterranea, sole, mare
Il Decreto prevede l'obbligo di dare una risposta sulla necessità o meno della V.I.A. completa entro 60 giorni dal deposito. Quindi la decisione del Ministero dell'Ambiente potrà avvenire anche entro un'ora senza che nessun cittadino o ente locale possa avere anche solo il tempo per accorgersi del deposito del progetto. Una procedura totalmente illegittima in quanto la Convenzione di Aarhus, ratificata dall'Unione Europea e dall'Italia con la legge 108/2001, prevede che per tutti i progetti, anche non sottoposti a V.I.A., che possono avere impatti potenziali sull'ambiente, deve essere assicurata la possibilità e tempi congrui per il deposito di osservazioni da parte dei cittadini.

centrale eolica a mare


Ovviamente chiediamo alle Regioni che dovranno dare il parere alla Conferenza Stato-Regioni e ai parlamentari di aprire immediatamente un fronte con il Governo affinchè la tutela ambientale e sanitaria risponda a principi rigorosi con alti standard di qualità e non vi siano escamotage o giochi al ribasso assicurando il diritto dei cittadini e degli enti di partecipare alla definizione del futuro del proprio territorio.





sottoscrivono
Organizzazioni nazionali:
FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER L'ACQUA,
COORDINAMENTO NAZIONALE NO TRIV,
ASSOCIAZIONE MEDITERRANEA PER LA NATURA ONLUS,
GRUPPO D'INTERVENTO GIURIDICO ONLUS,
RETE NAZIONALE NO GEOTERMIA ELETTRICA SPECULATIVA ED INQUINANTE,
ASSOCIAZIONE ANTIMAFIE RITA ATRIA,
PEACELINK,
NUOVO SENSO CIVICO ONLUS
ALTURA
Organizzazioni territoriali:
COMITATI AMBIENTALISTI LOMBARDIA,
COLLETTIVO ALTREMENTI VALLE PELIGNA,
LIPU ABRUZZO,
CAST (Comitato Ambiente Salute e Territorio),
ASSOCIAZIONE AMBIENTE E SALUTE NEL PICENO,
ABRUZZO BENI COMUNI,
COMITATI CITTADINI PER L'AMBIENTE DI SULMONA,
PESCARA PUNTO ZERO,
FORUM ABRUZZESE DEI MOVIMENTI PER L'ACQUA,
STAZIONE ORNITOLOGICA ABRUZZESE ONLUS,
COMITATO CONTRO LO STOCCAGGIO DI SAN MARTINO SULLA MARRUCINA,
COORDINAMENTO DEI COMITATI "NO ELETTRODOTTO VILLANOVA-GISSI-FOGGIA", COMITATO NO POWERCROP,
SALVIAMO L'ORSO,
CIRCOLO VALORIZZAZIONE TERRE PUBBLICHE,
COMITATO "LA DIFESA", COMITATO NO INCENERITORE VAL DI SANGRO,
SALVIAMO LA PIANA
ASSOCIAZIONE "I CITTADINI" – VILLAFRANCA TIRRENA. 

News_AA cave: canoni irrisori e impatti devastanti

In Italia troppe cave: canoni irrisori e impatti devastanti sull'ambiente

cava-675[di Luisiana Gaita su Il Fatto Quotidiano]

La Penisola conta oltre 4.700 cave attive e circa 14mila abbandonate. Dal 'Rapporto Cave' di Legambiente emergono incertezze sulle regole e un forte squilibrio tra quanto guadagnano i cavatori e i canoni di concessione. La sfida è ridurre l'impatto sul paesaggio e percorre la strada del riciclo: "Non è utopia pensare di avere più imprese e occupati".
In Italia si continua a scavare troppo e con impatti devastanti sull'ambiente. Dalle Alpi Apuane alle colline di Brescia, da Trapani a Trani. Malgrado la crisi, la Penisola conta oltre 4.700 cave attive e circa 14mila abbandonate. I canoni di concessione sono irrisori, rispetto a un fatturato da 3 miliardi di euro l'anno. In Valle D'Aosta, Basilicata e Sardegna si estrae gratis. Tanto è che nonostante il boom di export nei materiali, c'è sempre meno lavoro nel settore. La parola d'ordine è riciclo. Eppure in Italia la strada è ancora molto lunga, nonostante la spinta delle direttive europee.
È quanto emerge dal 'Rapporto Cave' di Legambiente, che dal 2009 effettua un monitoraggio delle attività estrattive. La sfida è quella di ridurre il prelievo di materiale e l'impatto delle cave sul paesaggio, dare nuova vita a quelle dismesse e percorrere la strada del riciclo degli aggregati, come è stato fatto in molti Paesi europei e in alcuni territori italiani. "Occorre promuovere una profonda innovazione nel settore – spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – dove non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio, riciclo dei materiali e un adeguamento dei canoni di concessione ai livelli degli altri Paesi europei".
I numeri del settore – Alla crisi del settore edilizio che ha caratterizzato gli ultimi anni ha fatto seguito una riduzione del 20,6% del numero di cave attive rispetto al 2010. Ogni anno si estraggono 53 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia, materiali fondamentali nelle costruzioni, 22,1 milioni di metri cubi di calcare e oltre 5,8 milioni di metri cubi di pietre ornamentali. La Lombardia è la prima regione per quantità cavata di sabbia e ghiaia, con 19,5 milioni di metri cubi estratto. Seguono Puglia (con oltre 7 milioni), Piemonte (4,8 milioni), Veneto (4,1) ed Emilia-Romagna con circa 4 milioni circa. Per quanto riguarda le pietre ornamentali, le maggiori aree di prelievo sono Sicilia, provincia autonomia di Trento, Lazio e Toscana che insieme costituiscono il 53,4% del totale nazionale estratto. Le Regioni che invece cavano più calcare sono Molise, Lazio, Campania, Umbria, Toscana e Lombardia che singolarmente superano la quota di 1,5 milioni di metri cubi.
Le regole a macchia di leopardo: 9 regioni senza piano –"In nove regioni italiane – rileva il rapporto – non sono in vigore piani cava e le regole risultano quasi ovunque inadeguate a garantire tutela e recupero delle aree". Non c'è un piano in Veneto, Abruzzo, Molise, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Calabria, nella provincia di Bolzano, in Basilicata e in Piemonte (dove sono previsti piani provinciali), mentre nella maggior parte delle regioni sono inadeguati i vincoli di tutela e mancano obblighi di recupero contestuale delle aree. Per Legambiente "l'assenza dei piani è particolarmente preoccupante, perché si lascia tutto il potere decisionale in mano a chi concede l'autorizzazione in Regioni dove è forte il controllo da parte della criminalità organizzata".
Nessun equilibrio tra fatturato e canoni – A questa incertezza sulle regole, si aggiunge un altro problema. Il forte squilibrio tra quanto guadagnano i cavatori dalla vendita di inerti e pietre ornamentali e i canoni di concessione irrisori. In media nelle regioni italiane si paga il 2,3% del prezzo di vendita di sabbia e ghiaia: parliamo di 27,4 milioni a fronte di 1.051 milioni di volume d'affari. Ancora maggiori i guadagni per i materiali lapidei di pregio, dove sono in forte crescita il prelievo e l'esportazione (2 miliardi di euro nel 2015).  In diverse regioni addirittura si cava gratis. "Succede in Valle d'Aosta, Basilicata, Sardegna – racconta Legambiente – ma anche Lazio e Puglia dove si chiedono pochi centesimi di euro per cavare inerti". C'è da sottolineare che l'ultimo intervento normativo dello Stato nel settore è il regio decreto di Vittorio Emanuele III del 1927. "È evidente che senza un controllo dell'operato delle Regioni – sottolinea l'associazione – la situazione è insostenibile sia in termini di tutela del territorio, che di controllo della legalità e di riduzione del prelievo da cava". Ancor più perché le direttive europee prevedono che entro il 2020 il recupero dei materiali inerti dovrà raggiungere quota 70%.
La cattiva e la buona pratica – Nel Rapporto sono raccolte non solo storie da tutta Italia, che raccontano l'impatto sul paesaggio italiano, ma anche buone pratiche realizzate nella Penisola ed esempi virtuosi riguardanti la gestione dell'attività estrattiva e il recupero delle cave dismesse per creare parchi e ospitare attività turistiche, ma anche di cantieri dove si sono usati materiali provenienti dal riciclo invece che sabbia e ghiaia. Come è accaduto per alcune autostrade, ma anche per lo stadio della Juventus, nella cui realizzazione sono stati riutilizzati molti dei materiali che lo smantellamento del vecchio impianto ha prodotto. "La sfida per i materiali di pregio – spiega il rapporto – è di mantenere in Italia le lavorazioni, per le quali il tasso di occupazione è più alto". Per gli inerti, invece, l'obiettivo è spingere la filiera del riciclo, che garantisce almeno il 30% di occupati in più a parità di produzione. Per Legambiente sono tre gli step per rilanciare il settore. Il primo è quello di "rafforzare tutela del territorio e legalità attraverso una legge quadro nazionale che stabilisca le aree in cui l'attività di cava è vietata e obblighi il recupero contestuale delle aree e la valutazione di impatto ambientale". Secondo punto: stabilire un canone minimo nazionale per le concessioni di cava. "Se fossero applicati i canoni in vigore nel Regno Unito (20% del valore di mercato) – ricorda, infatti, Legambiente – si recupererebbero 545 milioni di euro all'anno di incassi per le Regioni". Dal primo 'Rapporto Cave' del 2009 si può stimare che siano state sottratti canoni per oltre 3,5 miliardi di euro. La terza strada da attuare è quella di "ridurre il prelievo da cava attraverso il recupero degli inerti provenienti dall'edilizia, per andare nella direzione prevista dalle direttive europee".
(Pubblicato il 14/02/2017)

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Comitato per la salvaguardia della Montagnola Senese CMS

mercoledì 22 marzo 2017

Vandali in casa e navigatori a vista

CITTADINI AREA FIORENTINA
VANDALI IN CASA E NAVIGATORI A VISTA
Pochi giorni fa sulla cronaca cittadina è comparsa la notizia che alcune magnolie della "nuova piazza Vieusseux" saranno "rimosse" perché prove tecniche di trazione hanno fatto emergere pericoli circa la loro stabilità.
La notizia, apparentemente non eclatante, è invece per noi importante e costituisce la conferma di quanto abbiamo detto nel nostro notiziario del 12 marzo circa il modo affrettato e privo di progettualità seria con cui si stanno realizzando a Firenze le nuove linee tranviarie.
La vicenda delle magnolie richiamata dalla stampa costituisce l'ultimo atto della manomissione di Piazza Vieusseux. Non bastavano alcuni recenti interventi di restringimento della sistemazione centrale a verde per un primo allargamento della sede stradale, ma oggi con la realizzazione della linea 3 si è completamente distrutta la originaria sistemazione a verde della piazza ormai ridotta a due aiuole laterali ai binari dei tram.
Per sopperire a vuoti di memoria di chi prontamente risponderà brandendo le ragioni della modernità e del progresso riportiamo qui il rilievo floristico della piazza effettuato nel 1997.
Quella sistemazione, risalente a oltre cinquant'anni fa, consisteva in un ampio parterre circolare delimitato all'esterno da quattro aiuole reniformi e con al centro un' aiuola tonda. Questa struttura compositiva era ornata con piantumazioni ben studiate: al centro, circondato da una spiaggia di eleagno e cratego un pino ( Pinus pinea, 1.93), sulle aiuole laterali un'alternanza di magnolie (Magnolia grandiflora, 3.48) e pioppi ( Populus Alba, 24.2), all'interno di una spiaggia mista di berberis vulgaris, lentaggine, alloro e lauroceraso; tutte le aiuole erano delimitate da un cordonato in pietra serena a becco di civetta subbiato.
Insomma un esempio che anche nella piccola scala della piazza costituiva ancora una testimonianza della grande tradizione orticola e giardiniera della nostra città.
Una testimonianza che gli amministratori di questa città hanno cancellato in questi ultimi decenni rinnovando così quella genia funesta che Antonio Cederna con grande efficacia aveva classificato col termine di "vandali in casa" .
Ma la violenza sulle povere magnolie che si sta consumando in questi giorni è anche l'esempio già da noi descritto ampiamente, di quella nociva e costosa prassi della "navigazione a vista" nella realizzazione delle opere pubbliche.
Sulla questione vorremmo che chi decide, dirige e controlla i lavori della linea 3 della tramvia rispondesse a queste domande:
- perché nel progetto definitivo della linea 3 le magnolie che ora si vogliono abbattere/rimuovere (alcune delle sei secondo la cronaca) erano indicate fra le alberature che sarebbero state conservate ?
- perché appunto eventuali prove di trazione non sono state fatte allora e non solo adesso a lavori già quasi ultimati ?
- non è che quelle magnolie, notoriamente alberi molto stabili, abbiano avuto problemi a causa di tutto ciò che è stato fatto attorno a loro con il cantiere come appare chiaramente anche dalle foto attuali (insomma, i progettisti e chi ha approvato il progetto sapevano che una magnolia come ogni altra pianta d'alto fusto ha un apparato radicale che è la sua parte più sensibile e delicata anche se non si vede perché è sotto terra ?
- c'è una relazione fra la rimozione delle magnolie e le linee aeree di alimentazione elettrica dei tram ?


PER QUANTO SOPRA DETTO E SOPRATTUTTO PER IL VALORE CHE NOI ATTRIBUIAMO AGLI ALBERI DELLA CITTA', CHE CONSIDERIAMO NON DEGLI ELEMENTI DI ARREDO MA DEGLI ESSERI VIVENTI E DEI FRATELLI, CI AUGURIAMO CHE TUTTO QUESTO NON PROSEGUA NEL SILENZIO MA RICHIAMI L'ATTENZIONE DELLE PUBBLICHE AUTORITA' (DALLA SOPRINTENDENZA AI BENI CULTURALI ALLE PROCURE DELLA REPUBBLICA E DELLA CORTE DEI CONTI) PERCHE' SI PROVI AD ARGINARE I DANNI AL PATRIMONIO CITTADINO PERPETRATI NEL NOME DEL PROGRESSO DA QUESTI NOSTRANI "VANDALI IN CASA".

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domenica 19 marzo 2017

C’ERA UNA VOLTA IL PARCO FLUVIALE DELL’ARNO...

Comitato SAN SALVI CHI PUO'
www.firenzecomitatosansalvi.blogspot.com - comitatosansalvi@email.it
Cell: 328 7644679

C'ERA UNA VOLTA IL PARCO FLUVIALE DELL'ARNO

Lo scempio è fatto!!

Oramai i cantieri sono già al lavoro e il campeggio di Rovezzano è in costruzione.... a nulla è servito anche l'intervento di denuncia del nostro Comitato, quando già nel dicembre 2013 con un documento intitolato "Il consumo di suolo c'è eccome" scrivevamo che con il progetto del campeggio, "prosegue la dissennata distruzione degli ultimi lembi di quel paesaggio agrario storico che un tempo cingeva il centro urbano di Firenze. Nei pressi del mulino di San Michele a Rovezzano, infatti, fino a poco tempo fa era ancora visibile una notevole testimonianza della ricchezza agricola che caratterizzava un tempo la magnifica corona rurale fiorentina, con le sue colture promiscue di orti, frutteti e oliveti. Un patrimonio rurale che negli ultimi anni è stato più volte eroso, dall'espansione edilizia, dalla viabilità asfaltata e da insediamenti sportivi, dove però rimanevano ancora degli ettari coltivati, residuali certo, ma per questo ancora più preziosi, che adesso vengono spazzati via dalla installazione di un grande campeggio gestito da una holding privata.


Nel piano regolatore del 1996, la fascia pianeggiante a destra dell'Arno, veniva destinata al sistema essenziale del verde e considerata paesaggio agricolo di raccordo con l'area urbana facente parte della bassa valle del torrente Mensola, a sua volta parte dell'articolato piano del parco dell'Arno e dei suoi affluenti. Un piano che non troverà mai realizzazione visto che se ne stanno a poco a poco distruggendo le varie parti, interrompendo così quella continuità prevista fra il parco storico delle colline e l'Arno. Questo ennesimo episodio smentisce ancora una volta i vanti sbandierati dal sindaco Renzi, che dichiara ai quattro venti che con la sua politica si sarebbe bloccato ogni consumo di nuovo suolo. In questo caso del suolo fertile viene sacrificato sull'altare degli interessi dominanti della monocultura turistica, in barba ad ogni salvaguardia del patrimonio rurale ancora esistente.
 
Il Regolamento Urbanistico (RU) approvato poi il 02/04/2015 con il sindaco Nardella, fedele prosecutore della politica renziana, ha puntualmente ratificato il progetto della mega installazione turistica, nel segno della preminenza assoluta degli interessi privati su quelli generali, cambiando la destinazione di queste area (vedi scheda norma AT 03.02 Campeggio Rovezzano) e compromettendo così "un'area preziosa dal punto di vista paesaggistico e ambientale ma anche particolarmente delicata sotto l'aspetto del rischio idrogeologico", come abbiamo rilevato nelle nostre osservazioni al RU del 2014. 

Infine il Consiglio Comunale del 21/11/2016 approva a grande maggioranza (21 favorevoli con 6 contrari) lo schema di convenzione per la compensazione degli impatti generati dall'incremento/modifica del carico urbanistico che dà il via alla costruzione di una vera e propria cittadella del turismo costituita da "mega campeggio da 7 ettari con 450 piazzole per tende, camper e roulotte, due piscine, ristorante con terrazza da 1.600 metri quadrati, campo da calcetto e pallavolo, un parcheggio auto da 200 posti, supermercato..." (La Repubblica del 18/3/2016).
Dunque un'operazione di trasformazione urbanistica estremamente pesante nella sua dimensione e  concentrazione di funzioni, che riduce, in questo importante tratto, il parco fluviale dell'Arno (una delle idee più qualificanti e innovative del Piano Regolatore Vittorini) alla mera pista ciclabile; affliggendo nel contempo un ulteriore danno irreparabile al paesaggio rurale fiorentino in quelle che erano le sue piantagioni tradizionali, in nome di una modernità che fa tabula rasa del passato, della storia e della bellezza che essa ci ha consegnato.

Quaderno "Il regolamento urbanistico del Comune di Firenze: analisi e controproposte": https://drive.google.com/file/d/0Bwb6m7_eTBpTM3hiYWxKcTZCaWM/view



Il terreno, fino a qualche anno fa coltivato, ora completamente alterato.


I lavori di "costruzione" del campeggio; sullo sfondo, quasi invisibile, la torre del mulino di San Michele a Rovezzano.



venerdì 17 marzo 2017

Un Sindaco, la sua legge, il suo stadio

CITTADINI AREA FIORENTINA
UN SINDACO, LA SUA LEGGE,
IL SUO STADIO
Le obiezioni al progetto del nuovo stadio della AC Fiorentina avanzate in misura e con accenti diversi dalle opposizioni in Palazzo Vecchio hanno riguardato le eccedenze volumetriche di quelli che la cosiddetta 'legge sugli stadi', detta anche 'legge Nardella' (147/2013) definisce "interventi funzionali al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario e concorrenti alla valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali ed economici". Si tratta in realtà della proliferazione cementizia che accompagnerà l'agognato stadio (servizi, funzioni turistiche e ricettive, fun shop, shopping center e ogni genere di spazi e funzioni indotti dal marchio della squadra) richiesta dal privato per compensare l'investimento. Superfici smisurate (87.000 mq. oltre ad uno stadio per 40.000 spettatori) che stanno provocando un balletto di dichiarazioni tra Comune e Fiorentina e che interessano anche Unipol e Società Aeroportuale, circa il destino dell'area Mercafir di Novoli e del PUE di Castello. Il tutto a spese di un quartiere già sottoposto ad ogni tipo di carico e rischio (aeroportuale, per l'incenerimento, per la mobilità, ecc.) e in ultima analisi dell'intera città visto che è in gioco anche il destino dell' 'Artemio Franchi'. Va aggiunto che la situazione è grave ma non seria, visto che i Della Valle devono ancora individuare i partners finanziari per l'operazione e che, contrariamente a quanto esige la legge voluta dal Nardella parlamentare non c'è per adesso alcun Piano economico finanziario che la sostenga.
Non ci sembra invece che nel dibattito siano stati ricordati i dubbi sulla costituzionalità di questa norma, inserita nella legge di Stabilità per il 2014, la quale prevede procedure semplificate per la realizzazione e l'ammodernamento di vari tipi di impianti sportivi.
Eppure fin dall'inizio del suo tormentato iter quei dubbi furono sollevati visto che, secondo l'art. 117 della Costituzione (uscito indenne dal Referendum del 4 dicembre 2016), tutto ciò che riguarda il governo del territorio e la localizzazione di impianti e attività resta prerogativa delle Regioni.
La 'legge Nardella', che precede di poco l'insediamento di un Governo Renzi interessato ad un forte ridimensionamento delle autonomie locali , "sostituisce ogni autorizzazione o permesso comunque denominato" e "determina la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell'opera medesima". Tanto che nella conferenza dei servizi indetta dalla Regione la procedura di variante è dettata direttamente dalla norma statale utilizzando meccanismi sostitutori in capo alla Presidenza del Consiglio. Secondo la Costituzione invece, salvo casi di pubblica utilità, lo Stato può soltanto indicare norme di pianificazione territoriale con un elevato grado di generalità ed astrattezza.
Nel corso della lunga discussione che ha preceduto la pubblicazione della legge è stato anche ricordato che lo Juventus Stadium fu realizzato nel 2011 senza usufruire di quei meccanismi. Da qui il sospetto che si volessero favorire operazioni di speculazione immobiliare da parte di grandi e piccole società sportive. Sospetto confermato, nell'imminenza dell'approvazione della legge, quando l'esclusione dai premi edificatori della funzione residenziale suscitò la vibrante protesta del Presidente della Lega di serie A Maurizio Beretta, in difesa dei sostanziosi ricavi a cui le società non volevano rinunciare.
Analoghi profili di incostituzionalità sono stati recentemente riscontrati dal Presidente onorario aggiunto di Cassazione Ferdinando Imposimato che, alla vigilia dell'accordo sullo stadio della A.S. Roma a Tor di Valle, aveva sostenuto l'opportunità dell'annullamento d'ufficio della "delibera Marino" contenente, secondo il magistrato, profili di incostituzionalità per mancanza dell'interesse pubblico a causa dell'eccessiva estensione del piano in un' area di rischio. Tanto che il controverso accordo tra Giunta capitolina, costruttore e A.S. Roma prevede il taglio del 50% delle cubature previste dal progetto originario (il 60% in meno per la parte relativa al Business Park).
Nonostante un'opinione pubblica appannata dal tifo calcistico e mitridatizzata dal succedersi di leggi che mirano ad annullare qualsiasi tutela o governo del territorio, il tema della costituzionalità di questa legge non può che essere riproposto.
DOVREBBE FARLO IN PRIMO LUOGO LA REGIONE ESPRIMENDOSI IN PROPOSITO E PREPARANDOSI, NELLA EVENTUALE CONFERENZA DEI SERVIZI DECISORIA, AD ANNULLARE D'UFFICIO QUALSIASI ATTO DELIBERATO IN PROPOSITO PER MANIFESTA ILLEGITTIMITA'.


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