Pagine

venerdì 31 gennaio 2014

Gli esseri umani tornino a essere il fine e l'economia il mezzo

Scritto da: Olivier Turquet Data: 04 settembre 2013 

Ho incontrato Maurizio Pallante a Fosdinovo durante una delle sue conferenze di divulgazione della Decrescita Felice. Instancabile, preciso, chiaro. Abbiamo fatto due chiacchiere e deciso di costruire quest’intervista insieme; cercando di non partire, come al solito, dall’inizio ma di approfondire alcune tematiche care a tutti e due. (per chi non conosce la Decrescita Felice abbiamo citato dal sito ufficiale una piccola bibliografia in fondo all’intervista).

 

Maurizio, ci sono segnali e si alzano voci, da varie parti, che dicono che l’attuale sistema economico ed energetico sia vicino a un punto di rottura, tu cosa ne pensi?

Preferisco riportare alcuni dati:

- dal 1987 la specie umana consuma prima del 31 dicembre una quantità di risorse rinnovabili pari a quelle rigenerate annualmente dal pianeta e, da allora, si avvicina di anno in anno la data del loro esaurimento: è stata il 21 ottobre nel 1993, il 22 settembre nel 2003, il 20 agosto nel 2013;

- nel settore petrolifero il rapporto tra l’energia consumata per ricavare energia e l’energia ricavata (eroei: energy returned on energy invested) tra il 1940 e il 1984 (data dell’ultima rilevazione pubblicata da una rivista scientifica internazionale), è sceso da 1 a 100 a 1 a 8; dal 1990 ogni anno si consuma una quantità di barili di petrolio molto superiore a quanta se ne trovi in nuovi giacimenti: 29,9 miliardi di barili a fronte mediamente di meno di 10 miliardi (dato 2011);

- le emissioni di anidride carbonica eccedono in misura sempre maggiore la capacità dell’ecosistema terrestre di metabolizzarle con la fotosintesi clorofilliana, per cui se ne accumulano quantità sempre maggiori in atmosfera: sono state 270 parti per milione negli ultimi 650 mila anni, sono diventate 380 nel corso del XX secolo, nel mese di maggio del 2013 hanno raggiunto il valore di 400, lo stesso del Pliocene, circa 3 milioni di anni fa, quando la specie umana non era ancora comparsa, la temperatura media del pianeta era più calda dell’attuale di 2 – 3 °C, il livello dei mari era più alto di 25 metri; in conseguenza dell’aumento delle concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera, nel secolo scorso la temperatura media della terra è aumentata di 0,74 °C e, secondo l’Unione Europea, se si riuscirà a ridurre le emissioni del 20 per cento entro il 2020, obbiettivo pressoché impossibile da raggiungere, l’aumento della temperatura terrestre in questo secolo potrà essere contenuto entro i 2 °C, quasi il triplo del secolo scorso;

- negli oceani Atlantico e Pacifico galleggiano enormi ammassi di frammenti di plastica, con una densità di 3,34 x 10 6 frammenti al km², estesi come gli Stati Uniti;

- la fertilità dei suoli agricoli si è drasticamente ridotta e la biodiversità diminuisce di anno in anno.

Mi pare che questi dati documentino in modo inequivocabile che siamo molto vicini al punto di non ritorno. Nonostante tutto è ancora possibile invertire questa tendenza. Le tecnologie per ridurre gli sprechi di risorse ed energia ci sono. Occorre applicarle. Questo è il compito della politica, ma molto si può fare anche attraverso gli stili di vita individuali. Gandhi diceva: Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.

Tu ti occupi specialmente di energia e sottolinei, nelle tue conferenze, come ci sia uno spreco energetico molto consistente, potresti fare qualche esempio?

I nostri consumi di fonti fossili si suddividono in tre grandi voci, ognuna delle quali ne assorbe circa un terzo: riscaldamento degli edifici, produzione di energia elettrica e autotrasporto.

Riscaldamento degli edifici. La media dei consumi italiani è di 20 litri di gasolio o 20 metri cubi di metano al metro quadrato all’anno. In Germania e, in Italia in Alto Adige, non è consentito superare un consumo di 7 litri / metri cubi al metro quadrato all’anno, ma gli edifici migliori si limitano a 1,5 litri / metri cubi. Come minimo in Italia, a causa della scarsa coibentazione degli edifici, si sprecano 2/3 dell’energia utilizzata per il riscaldamento. Se il raffronto si fa con gli edifici più efficienti, se ne sprecano più di 9 /10.

Produzione di energia termoelettrica. Il rendimento delle centrali tradizionali è di circa il 33 per cento. Ciò vuol dire che nel processo entrano 100 unità di energia chimica sotto forma olio combustibile ed escono 33 unità di energia elettrica, mentre 67 si disperdono, sotto forma di calore a bassa temperatura, nell’aria o nell’acqua di un fiume, a seconda del sistema di raffreddamento utilizzato. Nelle centrali a ciclo combinato il rendimento sale al 55 per cento. Se si utilizzassero impianti di cogenerazione, il calore a bassa temperatura che oggi viene disperso verrebbe riutilizzato per riscaldare degli edifici, per cui sommando il rendimento in energia elettrica e il rendimento in calore, il potenziale energetico del combustibile si utilizzerebbe al 95 per cento.

Autotrasporto. Le automobili trasformano prima in energia meccanica e poi cinetica non più del 15 per cento dell’energia chimica contenuta nel carburante. A questa inefficienza tecnologica occorre aggiungere l’inefficienza comportamentale perché in ogni automobile che può portare almeno 4 persone ne viaggia quasi sempre una sola.

Lo spreco totale di energia nel nostro paese è quindi superiore al 70 per cento.

Tu sei uno dei pochi che va in giro e parla di petrolio estraibile, nel senso del petrolio che per estrarne un barile si consuma meno di un barile. Come sta andando la curva dell’energia necessaria ad estrarre petrolio? Quali sono le prospettive di durata del petrolio?

Ho già risposto in parte più sopra. Comunque la prospettiva di durata del petrolio non la sa nessuno con ragionevole precisione e può variare sensibilmente se si riducono gli sprechi e si sviluppano le fonti rinnovabili. Quello che conta non è fare previsioni più o meno approssimate, ma sviluppare le tecnologie più efficienti e adottare comportamenti consapevoli.

Tu proponi un’azione di base, a partire da ognuno di noi per decrescere dallo spreco e dall’insensatezza e crescere nella qualità della vita e dei rapporti umani: dalla nascita del MDF a ora quali sono stati i risultati più significativi?

MDF ha cercato di dare una sistemazione organica dal punto di vista teorico e una struttura organizzativa a un movimento variegato, sparso su tutto il territorio nazionale, composto di gruppi autonomi impegnati in vari settori. Mi sembra che l’esperienza più significativa sia quella dei gruppi d’acquisto solidale, che si sono moltiplicati in questi anni. Per quanto riguarda MDF, il nostro movimento conta ormai una trentina di circoli regolarmente costituiti mentre altrettanti si stanno costituendo. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 25 e i 30 anni. Inoltre abbiamo gruppi di lavoro tematici nazionali: Decrescita e salute, Decrescita e agricoltura, Decrescita e insediamenti umani, Decrescita e tecnologie, ecc. L’obiettivo di questi gruppi è organizzare seminari nazionali d’approfondimento su questi temi per dare un contributo all’elaborazione di un paradigma culturale alternativo a quello sviluppato dalle società della crescita. Tutto questo mi fa dire che qualche risultato l’abbiamo ottenuto. Meno di quanto sarebbe necessario, ma comunque non insignificante.

Se qualcuno del MDF fosse al governo da qualche parte tu cosa gli suggeriresti di fare?

Suggerirei di impostare una politica economica e industriale finalizzata a ridurre gli sprechi di energia: si creerebbe un’occupazione utile e numerosa, il costo delle retribuzioni sarebbe pagato dai risparmi economici conseguenti ai risparmi energetici, si svilupperebbero innovazioni tecnologiche importanti, si ridurrebbero le emissioni di CO2 e l’effetto serra, si ridurrebbero le tensioni internazionali per il controllo delle fonti fossili.

L’economia umanista denuncia fortemente la speculazione finanziaria e dà valore alla produzione dei beni utili alla società e alla proprietà compartecipata delle aziende: tu cosa pensi di questi temi?

Sono completamente d’accordo, sia sulla necessità di contrastare la speculazione finanziaria con opportune misure, per esempio la Tobin Tax, sia sulla necessità di far ripartire la produzione incentivando la produzione di beni utili, sia sul coinvolgimento dei dipendenti in forme di condivisione della proprietà delle aziende in cui lavorano. E’ importante per gli esseri umani ed è importante per aumentare la redditività delle aziende.

Crisi come possibilità di cambiamento: come ti immagini il futuro?

Io penso che siamo alla fine dell’epoca storica iniziata 250 anni fa con la rivoluzione industriale. Lo penso perché nella crisi che stiamo vivendo confluiscono molte crisi: quella economica e occupazionale, quella ambientale, quella energetica, quella internazionale, quella morale, quella della politica. Quando un’epoca storica finisce ci sono due possibilità: o il crollo, come è accaduto con l’Impero romano, o una faticosa e anche drammatica evoluzione verso una fase storica più evoluta. Se chi governa l’economia e la politica mondiale e delle singole nazioni continuerà a pensare che la crisi è solo economica e le misure tradizionali di politica economica finalizzate a superarla prima o poi ci riusciranno, andremo dritti verso il crollo. Se invece si capirà che occorre costruire un’economia e una società diverse da quella attuale, in cui gli esseri umani non siano più il mezzo e la crescita economica il fine, ma gli esseri umani tornino a essere il fine e l’economia il mezzo di cui si servono per soddisfare le loro esigenze materiali, allora la crisi sarà stata il punto di svolta e l’inizio di un cammino verso una società più giusta e più umana.

Una bibliografia tratta dal sito ufficiale:

.......................

Informazioni sull'Autore

Olivier Turquet

Si occupa di scrivere per raccontare la realtà da circa 40 anni. Ha collaborato con testate cartacee, radiofoniche ed elettroniche tra cui ama ricordare Frigidaire, Radio Montebeni, L'Umanista, Contrasti, PeaceLink, Barricate, Oask!, Radio Blue, Azione Nonviolenta, Mamma!. Ha fondato l'agenzia stampa elettronica umanista Buone Nuove e il giornale di quartiere Le Bagnese Times. E' stato addetto stampa di svariate manifestazioni come: l'Internazionale Umanista, Firenze Gioca, la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza. E' membro di Reporters Senza Frontiere. Attualmente coordina la redazione italiana di Pressenza. Raccoglie ciò che scrive su: olivierturquet.wordpress.co



--
Postato da Associazione "Vivere in Valdisieve" su Associazione "Vivere in Valdisieve" il 1/31/2014 05:06:00 AM

giovedì 30 gennaio 2014

Rifiuti, lo spettro della camorra sulla Toscana. Tra vecchi traffici e nuove paure

La regione è tra le più coinvolte nello smaltimento della monnezza nella Terra dei fuochi. Ma il sodalizio tra la criminalità organizzata e ditte locali è antico e torna d'attualità dopo le parole del procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: "Qui i clan hanno portato sostanze pericolose"

Rifiuti, lo spettro della camorra sulla Toscana. Tra vecchi traffici e nuove paure

C’è un legame sporco tra la Toscana e il business dei rifiuti. La regione è una tra le più coinvolte nei traffici che fanno capolinea nella Terra dei fuochi o in paesi stranieri. E nel recente passato, dal terreno di quasi tutte le province, gli investigatori hanno dissotterrato materiali pericolosi di ogni genere. La paura, però, è per il pattume che non è ancora emerso e per la scia puzzolente che potrebbe emanare. Il sospetto è che possa portare dritta agli affari della camorra. Non siamo in Campania, i campi della Toscana non sono quelli tra le province di Napoli e Caserta. Ogni paragone sarebbe una forzatura. Ma la regione non è quel paradiso immune dalle infiltrazioni criminali che per anni ha creduto di essere. L’allarme arriva dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti(leggi). “Dopo aver smaltito al Sud per vent’anni i rifiuti tossici prodotti al Nord, ora la camorra napoletana sta portando i rifiuti campani altrove, in primis in Toscana ma anche in paesi come la Romania e la Cina”.

LA REGIONE HA LA COSCIENZA SPORCAGli ultimi 12 anni raccontano una storia sozza che lega le aziende toscane e i territori martoriati del napoletano e del casertano. I numeri li riporta Legambiente Toscana nel suo rapporto “Le rotte toscane verso la Terra dei Fuochi“. Dal 2002 a oggi 45 indagini per traffico organizzato di rifiuti hanno coinvolto aziende toscane: il 20,5% sul totale delle inchieste concluse per lo stesso delitto su tutto il territorio nazionale. I procedimenti si sono tradotti in 92 ordinanze di custodia cautelare, 388 persone denunciate, e 40 aziende e società toscane coinvolte. E dal rapporto della Direzione nazionale antimafia emerge che in meno di tre anni (2010 al 31 dicembre 2012) sono state 15 le indagini su traffico organizzato di rifiuti presso la Dda di Firenze.

A spaventare, però, è soprattutto l’estendersi di una zona grigia viscida e maleodorante. Ingrassata a colpi di mazzette che finirebbero nelle tasche di amministratori locali, esponenti politici e funzionari pubblici per “appalti e concessioni edilizie, varianti urbanistiche e realizzazione di discariche di rifiuti”, scrive Legambiente. Il fermo immagine dell’associazione, di Libera e di Avviso pubblico cristallizza 12 inchieste (dal 2010 al maggio dello scorso anno) per corruzione ambientale in Toscana. Un numero che piazza la regione al quinto posto – superata solo da Campania, Calabria e Sicilia – nella classifica nazionale guidata dalla Lombardia.

Ma sotto la pelle dei dati si nascondono le storie reali. Fatte di accordi, pattume e soldi. Ancora oggi l’inchiesta principale rimane Eurot, nata nel febbraio 2011 con al centro la ditta Eurotess. Secondo l’indagine condotta dalla Dda di Firenze, l’azienda di Montemurlo (Prato) funge da cabina di regia per un traffico illecito di rifiuti costituiti da stracci. Milioni di tonnellate di indumenti partiti da Prato sono arrivati a Ercolano (Napoli) grazie alla collaborazione del clan Birra-Iacomino. Qui, ufficialmente, vengono ripuliti e disinfettati, mentre in realtà sono smaltiti senza essere sottoposti ad alcun trattamento, in totale violazione delle norme sui rifiuti. L’operazione porta all’arresto di 17 persone nelle province di Firenze, Prato, Forlì-Cesena, Napoli, Caserta e Cagliari. Per tutti l’accusa è traffico illecito di rifiuti. A febbraio del 2012 arriva la condanna in primo grado (a 2 anni e 6 mesi di reclusione), con rito abbreviato, per il titolare della ditta Eurotess. Altri 6 imputati patteggiano pene da un anno a un anno e 9 mesi, undici vengono rinviati a giudizio, uno assolto. A luglio 2013, arriva il seguito. Nel mirino della Dda di Firenze entra la New Trade di Prato, una ditta impegnate nella riconversione Golden Lady. L’ipotesi è che sia stato messo in piedi un traffico illecito di stracci e rifiuti plastici verso Cina e Tunisia. Gli abiti, secondo gli investigatori, sono stati rivenduti senza trattamenti igienico-sanitari in Africa e nei mercatini vintage italiani. Finiscono indagati i fratelliNicola e Franco Cozzolino, proprietari dell’azienda. Mentre scattano le manette per Vincenzo e Ciro Ascione, padre e figlio, proprietari di un’altra società del capoluogo.

LE PAROLE DI ROBERTI E LO SPETTRO DELLA CAMORRASecondo il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti sarebbe proprio il cuore dell’industria tessile italiana ad essere finito nelle mire della camorra. I rifiuti partiti dal Nord e sepolti nella Terra dei fuochi, adesso sarebbero tornati indietro come un boomerang avvelenato. Di più, alcuni sisarebbero fermati a Prato dove gli interessi dei clan si mischiano a quelli della criminalità cinese. Nel dicembre scorso, le parole del numero uno dell’antimafia innescano lo stupore dei deputati toscani del Partito democratico Antonello Giacomelli e Matteo Bifoni: “Al di là di ogni valutazione sul mezzo scelto per divulgare tali gravissime notizie, chiediamo al governo di riferire al più presto, quindi già nella giornata di domani, alla Camera sulla vicenda”. Roberti corregge il tiro, e dice di riferirsi a indagini già chiuse, resta il fatto che il sodalizio tra la regione e la camorra è antico.

Risale a vent’anni fa. L’anno è il 1989. Ed è a Viareggio (Lucca), ex Perla del Tirreno, che tra strette di mano e pacche sulle spalle si saldano gli accordi tra i titolari delle ditte e i rappresentanti dei Casalesi per trasformare i rifiuti in oro. Lo spaccato riemerge dalla sentenza del Tribunale di Napoli del 1995 riassunta dagli atti parlamentari del 5 febbraio 2013. Tra l’89 e il ’90 in Versilia tira una brutta aria: le discariche scarseggiano, si inizia a cercare siti fuori dalla regione. Ed è qui che si materializza Francesco Di Puorto, secondo i magistrati, testa di ponte dei Casalesi. L’imprenditore, residente in provincia di Lucca, “controllava tutti i rifiuti provenienti dalla Toscana sui quali maturava un’imposta di 5 lire al chilo destinato alla Campania, frutto di pregressi accordi con (FrancescoBidognetti“. Interessati all’affare anche Luigi Caterino della Pool Ecologia,Ciardiello, un trasportatore, Gaetano Cerci (figura centrale del traffico) e Iovine, detto “o ninno” autorevole personaggio della zona, tutti coinvolti negli accordi di Viareggio. E’ da questo momento che i camion iniziano a fare la spola tra la Toscana e le province di Napoli e Caserta. Viene sversato di tutto: rifiuti tossici e speciali, fanghi delle concerie di Santa Croce e gli scarti delle cartiere. Immischiato nei traffici c’è anche Cipriano Chianese, boss del pattume, arrestato lo scorso dicembre dalla Dia di Napoli (leggi). Il pentito Carmine Schiavone, ascoltato nel ’97 della commissione parlamentare sulle Ecomafie, arricchisce la storia di particolari: ”Lassù. Io, ad esempio, avevo un camion mio che caricava a Massa Carrara e a Santa Croce sull’Arno: un 190-38 turbo targato Caserta”. Il traffico era ben collaudato “dall’avvocato Chianese tramite circoli culturali e amici. Faccio solo un nome – conclude Schiavone – so che Gaetano Cerci stava molto bene con un signore che si chiama Licio Gelli“.

Nonostante questo vecchio legame, ancora oggi come denuncia la Fondazione antimafia Antonino Caponnetto, la Toscana non sembra rendersi conto di essere una potenziale terra di conquista delle mafie. “Si assiste alla automertà – riflette il presidente Salvatore Calleri -. Ossia ad un fenomeno di cui ci si impone di non parlare, per paura di toccare temi che possano danneggiare il buon nome della Toscana”. Poi avverte: ”Si corre un rischio, che i timori a parlare di alcune questioni, timori che in passato la nostra regione non aveva, facciano arrivare in massa le organizzazioni mafiose più di quanto non siano già presenti. Non parlare di mafia – conclude il rappresentante dell’associazione fiorentina – aiuta la mafia, e non vorrei che stavolta qualche politico finisca con farci qualche patto. Speriamo di no”.

LE DISCARICHE ABUSIVE SCOPERTE IN DIECI ANNIL’elenco dei siti imbottiti di “monnezza” ritrovati è lungo, ma parziale. E al momento non riconducibile alla criminalità organizzata. E’ il maggio dello scorso anno. La Guardia di finanza di Firenze sequestra un impianto di smaltimento di rifiuti urbani, speciali e tossici, e denuncia 17 persone per violazione sulla normativa ambientale e ricettazione a Osmannoro (Sesto Fiorentino). Vengono messi i sigilli a un’area di oltre 2.000 metri quadri dove vengono scoperte circa 1.600 tonnellate di rifiuti di materiale ferroso, anche gravemente inquinante e 15 automezzi pronti a scaricare oltre sette tonnellate di rifiuti e rottami metallici. Sempre gli uomini delle Fiamme gialle, nel 2012, sequestrano nella campagna di Gavorrano (Grosseto) una discarica abusiva a cielo aperto di oltre 13mila metri quadrati, con più di 200 tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi.

A marzo del 2011, i carabinieri del Noe scoprono e sequestrano una discarica a Vada, una frazione di Rosignano Marittimo (Livorno) contente ogni genere di schifezza. E c’è un filo nero che potrebbe legare quella discarica alla Lombardia. A gennaio 2014, i carabinieri del Nucleo ecologico guidati dal colonnello Sergio De Caprio (Capitano Ultimo) riannodano la matassa e arrestano sei persone nell’ambito dell’inchiesta sull’ex Sisas di Pioltello, Milano (leggi). Grazie a un cambio di codice – secondo gli investigatori – tonnellate di rifiuti pericolosi si sono trasformate in materiali puliti, pronti per essere smaltiti in discariche italiane e tedesche. Una di queste, si sospetta, è quella di Vada.

La paura che il territorio toscano sia costellato da discariche abusive arriva anche in Parlamento. Il 23 gennaio scorso Samuele Segoni, deputato aretino del Movimento Cinque Stelle, membro della commissione ambiente parla di “una piccola Terra dei fuochi nel triangolo delle cave di Quarata“, in provincia di Arezzo. Un allarme su cui la procura del capoluogo toscano vuole vedere chiaro. Recentemente è stato aperto  un fascicolo per abbandono di rifiuti pericolosi. Per il momento una ex cava, lungo lo stradone di Campoluci, è stata sequestra, per un nuovo decreto ispettivo emesso dalla procura. Numerose ruspe e agenti del Corpo Forestale dello Stato hanno ispezionato la zona per capire se ci sono fonti di inquinamento. Non si contano le denunce presentate in questi anni dal Comitato di Quarata al ministero dell’Ambiente, all’Arpat e al Comune di Arezzo.

Correndo indietro nel tempo si arriva al 2004. La guardia forestale trova 13mila tonnellate di pietrisco mescolato a rifiuti in un cantiere per il raddoppio dell’autostrada Siena-Bettolle. Materiale pericoloso che, invece di essere distrutto, doveva essere utilizzato per il manto stradale. Gli esami dell’Arpat di Siena individuano la presenza di sostanze altamente inquinanti (cromo, cromato di zinco, cloruri, solfati, nichel) in concentrazioni pericolose sia per le falde acquifere della zona, sia per il terreno in generale. Una scoperta che dopo 11 mesi porta ai domiciliari tre persone che riciclavano rifiuti pericolosi per rivenderli come sicuri anche alle ditte che stavano lavorando per la realizzazione della Siena-Bettolle.

Ma i terreni della Toscana potrebbero non avere ancora rigettato dalle proprie viscere tutto quello che nascondono. A novembre 2013 il cronista e il direttore del quotidiano online del senesePrimapaginaDavid Busato e Marco Lorenzoni, analizzano i dati Arpat della zona di Chiusi. Vengono registrate percentuali di Nichel cinque volte superiori alla norma. Nessuno, per ora, ha cercato di capire perché.

La Dia nazionale ha invece capito una cosa: ”La linea Tav (di Firenze, ndr) continua ad attirare gli appetiti della camorra”. Si legge nella relazione del primo semestre 2013. E’ il gennaio di un anno fa e i carabinieri del Ros effettuano controlli nei lavori. Hanno un sospetto. Durante la realizzazione dell’opera c’è stato uno smaltimento illegale di fanghi che ha scatenato gli interessi di una ditta: su cui sembra aleggiare lo stesso puzzo dei Casalesi.



--
Postato da Blogger su ASSOCIAZIONE VALDISIEVE il 1/30/2014 03:39:00 PM

lunedì 27 gennaio 2014

I malfunzionamenti degli inceneritori di III° Generazione!!


Torino, spento il termovalorizzatore. Società ammette "malfunzionamenti"

La Trm, controllata da Iren e F2i, dispone lo stop da febbraio dell'impianto del Gerbido, appena entrato in funzione e oggetto delle proteste dei cittadini, che denunciano puzza, fumo e problemi di salute. L'azienda: "Superate le soglie di emissioni nocive, ma è normale in un impianto in avviamento". E scoppia un caso politico

Il contestato termovalorizzatore del Gerbido, a Torino, sarà spento nella prima metà di febbraio per "interventi tecnici che si sono resi necessari a seguito dei test". Lo ha comunicato la società di gestione dell'impianto, Trm, a pochi giorni dall'ennesimo sforamento del tetto massimo di emissioni nocive. Trm ha annunciato lo stop dopo la burrascosa riunione del Comitato locale di controllo, convocato il 16 gennaio scorso su pressione dei cittadini spaventati. In quella sede la Trm e il Comitato stesso hanno dovuto affrontare la rabbia e la preoccupazione di quanti vivono nei pressi del Gerbido. Adesso il termovalorizzatore resterà fermo per una settimana, per risolvere i problemi che hanno destato l'allarme dei cittadini. Nonostante le rassicurazioni di Trm, che ha sempre parlato di avvenimenti normali in fase di collaudo, dieci stop imprevisti all'impianto in pochi mesi, con relativi sforamenti nelle emissioni nocive, hanno suscitato più di qualche perplessità anche a Palazzo di Città, a Torino.
Convocati in Comune, di fronte alle commissioni riunite Ambiente, Bilancio e Sanità, i dirigenti di Trm hanno parlato di interruzioni dovute a "problemi nel ciclo termico dell'impianto", ovvero di "trip di caldaia". Nelle parole del presidente di Trm Bruno Torresin i dieci spegnimenti sono quasi sempre dovuti "a malfunzionamenti causati dal superamento dei limiti nelle emissioni". Trm, società controllata da Iren e F2i Sgr Spa, e partecipata dal Comune, ha comunque precisato ai consiglieri comunali che i superamenti delle soglie non hanno mai valicato il tetto di 60 ore a "linea" stabilito dalla normativa per le fasi di avvio degli impianti, e che l'accaduto è "assolutamente fisiologico per un impianto di termovalorizzazione in esercizio provvisorio".
Da tempo i cittadini che vivono nei pressi del termovalorizzatore temono per la loro salute e per il funzionamento a singhiozzo del termovalorizzatore del Gerbido. Hanno paura delle emissioni nocive che talvolta superano le soglie di guardia, da puzze e fumi che mai avrebbero voluto conoscere. Una preoccupazione cui si somma il timore di non essere adeguatamente tutelati da un Comitato locale di controllo interamente composto da figure istituzionali, in cui non è prevista alcuna loro partecipazione diretta. Un Comitato voluto dalla Provincia di Torino e quasi interamente riconducibile alla parte politica, il Pd, che ha voluto la costruzione dell'impianto di smaltimento. Sul Gerbido indaga anche la Procura, a partire da alcune segnalazioni dell'Arpa circa il mancato rispetto di alcune procedure.
Ma intanto Trm ha voluto informare i cittadini di non essere responsabile né di fumi sospetti né di miasmi. La società ha fatto sapere che le nuvole di fumo sono "vapore acqueo in uscita dalle torri evaporative" e che le cause dell'odore sgradevole avvertito dai cittadini "devono essere ricercate altrove", poiché non derivano "né dallo stoccaggio dei rifiuti nella fossa né dal processo di combustione".



--
Postato da Blogger su

martedì 21 gennaio 2014

Fwd: [ASSOCIAZIONE VALDISIEVE] GEOTERMIA: Le mani sulla Toscana?


Geotermia. I numeri iniziano ad essere importanti ed i cittadini protestano.


C'è da preoccuparsi? La Toscana ha bisogno di tutto questo? E' impossibile, ormai, fare finta di niente. Le richieste di ricerche di energia geotermica in Toscana iniziano ad essere consistenti. Amiata, il cosiddetto Progetto Mensano (Radicondoli, Volterra, Casole d'Elsa), e, in ultimo il cosiddetto "Progetto Montenero" che, secondo le notizie, potrebbe essere molto vasta come zona interessata. Se poi, anche se non si tratta di geotermia, annoveriamo anche il progetto dell'elettrodotto di Terna in alcune zone come la Valdichiana, Valdarno superiore, Valdambra e Chianti, si capisce che la situazione inizia ad essere perlomeno foriera di dubbi. Che succede? Succede che varie aziende, ragionevolmente secondo la logica del profitto, hanno "puntato", da tempo, la Toscana ed il relativo sottosuolo. I numeri sono inequivocabili.

Dal decreto legislativo del primo febbraio 2010 che ha liberalizzato l'attività geotermoelettrica in Toscana, sul territorio regionale sono arrivate un numero considerevole di richieste di permessi di ricerca per il reperimento della risorsa geotermica. Al 29 aprile 2013 erano stati rilasciati 38 permessi di ricerca concentrati essenzialmente tra le province di Grosseto, Siena e Pisa per un totale di 3mila chilometri quadrati circa. I permessi risultano assegnati a 13 differenti società, di cui 4 (Futuro Energia, Geothermics Italy, Terra Energy e Toscana Geo), sono però supportate dal punto di vista tecnico-economico, dalla stessa multinazionale (Geysir Europe srl) mentre altre 2 (Geoenergy srl e Exergia Toscana srl) fanno capo alla stessa Soc. Italbrevetti, riducendo di fatto a 8 gli attori coinvolti .Tra questi è presente la Gesto Italia, responsabile del progetto Montenero. Inoltre la Legge 7 agosto 2012, n. 134 di conversione del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, ha disposto l'inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche e la Legge 9 agosto 2013, n. 98 di conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, comprendente disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, definisce gli impianti geotermici pilota di competenza statale (integrando l'art. 1 comma 3bis del D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 22 e il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152). I progetti geotermici pilota sono quindi soggetti alla Valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

I cittadini, sono sempre più preoccupati. In qualche caso, le stesse amministrazioni comunali sono state costrette a dichiarare nettamente il "No" a qualsiasi progetto. In altri casi, addirittura, i cittadini, si sono lamentati di essere stati informati in ritardo o addirittura di non conoscere neanche il tipo di progetto in questione e relativi dettagli. Il caso dell'Amiata è, forse quello con più visibilità grazie al battagliero comitato Sos geotermia, ma anche da altre parti, vedi Montenero, si sono organizzati pronti a dare battaglia. Anche nella zona di Casole d'Elsa, da tempo, è sorto il Comitato Difensori della Toscana, che si sta opponendo alla richiesta di tre sondaggi geognostici da parte della Magma Energy. Di fronte i comitati hanno tutte le rassicurazioni del caso da parte delle aziende interessate e della stessa Regione Toscana. Ma la sfiducia e la delusione covano sotto la cenere.

Paesaggi celebri ed incontaminati (in ultimo è spuntata anche l'ipotesi Montalcino) "minacciati" da industrie e centrali geotermiche. Eppure anche gli ultimi dati in fatto di agriturismo parlano di una Toscana nel 2013 al top fra le presenze dei turisti. E allora? Che le centrali siano a ciclo binario, di nuova generazione o altro, ai cittadini importa ben poco. Come andrà a finire? Anni fa ci fu una levata di scudi sull'ipotesi di alcune società petrolifere di trivellare nel Chianti.

Non si tratta del famoso acronimo inglese N.I.M.B.Y. (Not in my backyard), ma di rifiutare una netta conversione di un modello prevalentemente agricolo e di successo in un modello con tante incognite di cui non è chiara la reale necessità. Parafrasando il celebre film di Francesco Rosi, "Le mani sulla città", pellicola che ha compiuto cinquant'anni proprio l'anno scorso, la speranza, specie dei vari comitati, è che alla fine, oltre ai legittimi dubbi ed interrogativi, prevalga il buon senso.

David Busato

fonte articolo: http://quisiena.corrierenazionale.eu/cronaca/le_mani_sulla_toscana/#.Ut49BHlRDcN.facebook


--
Postato da Blogger su ASSOCIAZIONE VALDISIEVE il 1/21/2014 01:20:00 PM

lunedì 20 gennaio 2014

VIALE TALENTI




CITTADINI AREA FIORENTINA
COMITATI DEI CITTADINI - FIRENZE

IN VIALE TALENTI CEDE IL SOTTOVIA:

A RISCHIO E’ LA TRAMVIA

 

 

Il cedimento del muro settentrionale                     La deformazione del muro di

                                                  contenimento lato tramvia

 

Dal 4 dicembre il sottopasso posto a conclusione di Viale Talenti e di Viale Etruria è chiuso al traffico in uscita dalla città per gravi segnali di cedimento del muro di contenimento.  Il conseguente  dirottamento di tutte le auto sul tratto di superficie del viale, provoca da tempo lunghe code di autoveicoli lungo i viali Talenti – Sansovino, con ripercussioni sulle direttrici stradali dirette alla rotatoria che sovrasta il sottovia.

Le comunicazioni ufficiali parlavano di un pronto intervento che in tempi celeri avrebbe portato alla riapertura del sottopasso. Ma i lavori, durati quasi due mesi, invece di risolvere il problema, l’ hanno aggravato. Infatti venerdì 17 il muro si è ulteriormente spostato nel suo strapiombo, provocando il blocco totale dell’ ultimo tratto del Viale Talenti. Tutti gli autoveicoli in uscita da Firenze verso la FI.PI.LI da sabato sono dirottati su via Cecioni, via Andreotti e indirizzati verso via Canova, settore già in precedenza intasato anche in situazione normale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalle foto scattate che alleghiamo e dai dati forniti dalle autorità comunali emerge un quadro veramente allarmante. Ci limitiamo ad alcune riflessioni e domande sull’evento, rimandando ad una prossima occasione  le considerazioni sugli effetti devastanti prodotti da questa vicenda su un quartiere già a lungo pesantemente penalizzato da un decennio di cantierizzazione dei lavori della tramvia.

 

1.    E’ abbastanza legittimo pensare che quando si è intervenuti per rimediare alle lesioni manifestatesi sul muro di contenimento del sottopasso si sia proceduto “a vista” senza un’attenta diagnosi delle cause del cedimento. Infatti dopo quasi due mesi di lavori per mettere in sicurezza il muro, il suo disassamento e distacco è gravemente aumentato tanto da provocare la chiusura anche della viabilità di superficie.

 

2.    Nei comunicati stampa diramati dall’ assessorato competente si fa riferimento solo a problemi di costruzione del sottopasso (che risale al 1973) dicendo però che la documentazione di progetto ed esecuzione si è smarrita e non si trova più.

 

 

3.    Inoltre non si fa mai riferimento ai lavori, questi recenti, di pesante modifica del sottopasso originario effettuate per la realizzazione della linea 1 della Tramvia.

 

4.    Poiché questi cedimenti non si erano riscontrati in trent’anni di vita del manufatto e gli unici nuovi lavori di una certa rilevanza sono quelli del cantiere della Tramvia, perché non si dice in modo chiaro e preciso cosa fu fatto in quell’occasione e le possibili relazioni con i cedimenti ora emersi ?

 

 

5.    La questione ci sembra molto più grave di quello che ci è stato prospettato, anche perché sul muro di contenimento del sottopasso opposto a quello su cui si sta intervenendo e che sovrasta la linea tranviaria, si vede ad occhio nudo, uno spostamento di un segmento del muro verso l’interno secondo una linea che, come è ben visibile dalla foto allegata, lo percorre dalla sua sommità verso il basso.

 

Ci attendiamo che l’ Amministrazione comunale proceda ad una vera individuazione delle possibili cause del cedimento (o dei cedimenti) e chiarisca  in modo trasparente i modi e i tempi per rimediare a questA grave situazione.

 

 

 



mercoledì 15 gennaio 2014

UN TUNNEL DI TROPPO












CITTADINI AREA FIORENTINA
COMITATI DEI CITTADINI - FIRENZE

QUI C’E’ UN TUNNEL DI TROPPO




Alcuni giorni fa Il sottosegretario ai Trasporti Erasmo D’Angelis, in margine alla chiusura di un accordo tra Ministero, Regione Toscana e Comune di Firenze comprendente il finanziamento della Tramvia 2 da Sesto a Bagno a Ripoli con Sottoattraversamento del centro storico di Firenze, ha dichiarato che “da RFI abbiamo avuto l’assicurazione che a fine mese ripartiranno i lavori per la stazione Foster”

In proposito D’ Angelis ha detto anche di aver interpellato il Ministro dell’ Ambiente perché si acceleri la semplificazione della normativa sulle terre di scavo.

Ricordiamo al sottosegretario che ancora non si è chiusa l’ inchiesta della Magistratura sui lavori per il Sottoattraversamento TAV che, esattamente un anno fa, ipotizzò reati gravissimi a carico della ditta appaltatrice e del committente Italferr. Gli chiediamo quindi se intende eludere la Procura oppure se vuole costruire la stazione senza tunnel.

Più di recente poi la stampa ci ha informato dell’incontro avvenuto tra il Presidente della Regione Enrico Rossi e Matteo Renzi, Sindaco di Firenze e Segretario nazionale del PD, nel quale si è parlato di Aeroporto, Tramvia, Fortezza, Alta Velocità. Ma mentre sui primi tre temi l’informazione c’è stata, sull’ Alta Velocità il riserbo da parte dei due è stato totale

Ora dato che non abbiamo ricevuto risposta alla lettera inviata a Renzi circa un mese fa, nella quale gli chiedevamo di rinunciare al Sottoattraversamento TAV e di sostituirlo con progetti immediatamente eseguibili per l’ integrazione tra il servizio AV e il servizio regionale, vogliamo qui riproporre ulteriori sollecitazioni (per Renzi ma anche per Rossi).


1 -     L’ Alta Velocità a Firenze funziona bene fin dal 2009 e tra l’utenza non vi è alcuna attesa di queste nuove opere, anzi tra i più avvertiti si teme un peggioramento dell’ accessibilità, sia in rapporto all’ambito urbano che a quello regionale. Proprio per questo all’inizio del suo mandato il Sindaco Renzi, fece preparare ai suoi uffici un’ alternativa alla stazione Foster.

2 -     Già nell’ Accordo del 3 agosto 2011 con RFI, sottoscritto dal Sindaco Renzi, si ammetteva che nel Nodo di Firenze non ci saranno i tanto promessi e decantati 6 binari (2 AV, 2 Regionali, 2 Metropolitani). Ci saranno invece da fare moltissimi interventi non ancora quantificati in termini di spesa, né finanziati e neanche avviati, malgrado ne siano già largamente maturati i termini previsti.

3 -     Di quell’ Accordo che, per la parte riguardante le opere accessorie, prescriveva la definizione di un modello di esercizio per definire i servizi e gli interventi necessari, non se ne è saputo più nulla. Che si aspetta ad applicarlo per la parte relativa agli adeguamenti infrastrutturali, viste le condizioni inaccettabili (recentemente denunciate dal Presidente Rossi) in cui si svolge il servizio ferroviario regionale?

4 -     Indipendentemente da ogni altro tipo di considerazione, a venti anni dalla sua ideazione e con la prospettiva di altri dieci per la sua realizzazione, il Sottoattraversamento TAV e la Stazione sotterranea hanno perso credibilità tecnica e funzionale. C’ è un tempo per ogni impresa oltre il quale qualsiasi progetto perde di significato.

5 -     Renzi, durante la campagna nazionale per le primarie si sottrasse abilmente allo scontro ideologico sulla Torino-Lione, dicendo che quell’ opera non rappresenta una priorità. L’ attuale segretario del PD può esprimersi a Firenze con la stessa la franchezza dimostrata a Torino?

6 -     Non ci sono dubbi in teoria sull’utilità di un Sottoattraversamento tranviario del centro per la mobilità fiorentina e per l’integrazione tra collegamenti nazionali e locali. Abbiamo qualche dubbio invece sulla sostenibilità ambientale e tecnica di due tunnel infrastrutturali (quello per il sottoattraversamento TAV e quello per il metro tram) nel sottosuolo di Firenze.

7 -     Non sarebbe, proprio per questo, ancor più indifferibile la rinuncia al Sottoattraversamento e alla nuova Stazione sotterranea, opere che da anni suscitano profonde preoccupazioni nella cittadinanza, tra i tecnici indipendenti e tra chi ha a cuore le sorti di Firenze?